Nella Regione Lazio nel 2012: solo un quarto delle fratture di femore negli anziani sono operati entro le 48 ore dall’accesso all’ospedale; 1 donna su 3 ha un parto cesareo primario; il 57% dei pazienti sottoposti a intervento di colecistectomia laparoscopica rimane in ospedale meno di 3 giorni dopo l'intervento; il 13.1% dei pazienti affetti da Bpco (Broncopolmonite) è stato ricoverato per una riacutizzazione della patologia. Questi alcuni dei dati del P.Re.Val.E (Programma regionale valutazione esiti) che da oggi sono on line e accessibili anche ai cittadini sul sito www.epidemiologia.lazio.it/prevale13 e presentati durante il convegno "Il Lazio cambia, insieme per una buona sanità più efficiente e più vicina alle persone".
INTERVENTI AL FEMORE - Per quanto riguarda l'intervento chirurgico per frattura di femore, secondo i dati Agenas, la proporzione varia da meno del 5% negli ospedali di Tarquinia, Frosinone, Rieti e Tivoli a più del 50% nell’ospedale di Latina, nella Casa di Cura Città di Aprilia, al Policlinico Gemelli, al Cto, al Fatebenefratelli e al Sant’Eugenio, in cui quasi l’80% delle persone con frattura di femore vengono operate entro le 48 ore dall’accesso all’ospedale. Nel Lazio la proporzione di interventi chirurgici per frattura di femore entro 48 ore è passata "dal 10% del 2008 al 24% del 2012". Alcune strutture come il Gemelli, il Cto, il Sant’Eugenio e l’ospedale di Latina sono migliorati in maniera molto sensibile passando "da valori inferiori o vicino al 10% a valori superiori al 50%, anche in un solo anno".
I RISULTATI NEGATIVI - In alcuni casi, invece, come il Policlinico Umberto I e l’ospedale di Frosinone non si è osservato alcun cambiamento nel tempo, con valori molti bassi, intorno al 10% nel primo caso e del 5% nel secondo. In altri casi si è osservata addirittura una riduzione, come nel S.Andrea e nel Santo Spirito che avevano valori relativamente alti nel 2007 e che ora sono scesi a valori bassi (15% al Sant’Andrea e 22% al Santo Spirito). Sul parto cesareo primario invece, sempre nel 2012: più del 40% al Policlinico Umberto I, all’ospedale S.Pietro Fatebenefratelli, agli ospedali di Alatri, Rieti, Monterotondo e Colleferro e alla casa di cura accreditata Villa Pia e meno del 20% negli ospedali C. Cristo Re, S.Eugenio di Roma, S. Maria Goretti di Latina e Belcolle di Viterbo. Per quanto riguarda i pazienti sottoposti ad intervento di colecistectomia laparoscopica: rimane in ospedale meno di 3 giorni dopo l’intervento con una variabilità che va da più dell’80% al Policlinico Casilino, all’ospedale di Fondi, di Rieti, al Campus Biomedico, al San Carlo di Nancy e alla Casa di Cura Madonna delle Grazie a meno del 30% al San Filippo Neri, all’ospedale di Frascati e Viterbo, al Cto, ad Albano e Palestrina. Nel Lazio nel 2012 il 13.1% dei pazienti affetti da Bpco è stato ricoverato per una riacutizzazione della patologia. I tassi di ospedalizzazione variano da meno del 10% nel vecchio Municipio XIII e nei comuni e province di Latina e Viterbo a più del 16% nei vecchi Municipi I, VII, XV, XVI, XVIII e nel comune e nella provincia di Rieti.
L'ANGIOPLASTICA CORONARICA - Per quanto riguarda gli interventi di angioplastica coronarica "la proporzione di angioplastica effettuata entro 90 minuti dal primo accesso a un ospedale del Lazio in specifiche tipologie d’infarto è un buon indicatore della tempestività di cura - si legge nella scheda - e nel Lazio è solo del 21%, ma è superiore al 35% per i pazienti che accedono al San Filippo Neri, al Sant’Andrea, a Tor Vergata, al Santo Spirito e all’ospedale Vannini. E’ invece inferiore al 20% al San Camillo, al S.Eugenio. E’ poi inferiore al 10% in alcuni ospedali della provincia, Anzio, Civitavecchia, Tivoli, Frosinone, Formia Albano Laziale, Cassino e la Casa di Cura S.Anna di Pomezia". L'ultimo esempio di indicatore riguarda la mortalita' a 30 giorni dopo intervento chirurgico di bypass aortocoronarico. Secondo i risultati, nel Lazio, per il periodo 2011-2012, a fronte di una mortalità media del 2.6%, sovrapponibile con il valore nazionale, il San Camillo si conferma come l’ospedale con la più bassa mortalità, 0.3% e il San Filippo Neri quello con la più alta mortalità, 4.7%.
AGENAS - "Gli esiti danno una visione parziale dei servizi - ha spiegato il presidente dell'Agenas, Giovanni Bissoni - ma sono indicatori usati a livello internazionale. La falla del Lazio è il cattivo uso nell'organizzazione e nell'utilizzo delle risorse. Quella del Lazio è una situazione a macchia di leopardo, non tra le più brillanti del paese ma la differenza è nel fatto che il Lazio è una delle Regioni che ha le più alte dotazioni di risorse per il sistema sanitario, non solo finanziarie ma anche di competenza e conoscenza professionale". "A fronte di queste risorse certamente quei risultati andrebbero ampiamente migliorati. - ha aggiunto Bissoni - La novità è che gli esiti da alcuni anni sono a disposizione del sistema ma producono effetti nella misura in cui il sistema è in grado di utilizzarli. La novità è dunque che il Lazio vuole utilizzare quei dati nell'ambito di un processo riorganizzativo. Speriamo, perciò, che quest'anno questi esiti abbiano un effetto sulla reale erogazione dei servizi come avvenuto in altre Regioni. La Sicilia ad esempio ha dato risultati di grande miglioramento".
I DIRIGENTI - Bissoni ha poi voluto chiarire che "Agenas non fa la selezione dei direttori generali: la selezione è demandata a una commissione che ha insediato il presidente Zingaretti. La novità del Lazio - ha spiegato - è che, a differenza di altre realtà regionali, il Lazio ha chiesto all'Agenas di indicare l'intera composizione della commissione anche se noi per legge abbiamo diritto a indicare 1 componente". E poi c'è un'altra novità, cioè "di avere chiesto a questa commissione non solo di valutare l'ammissibilità di chi fa domanda ma di avere una rosa molto ristretta all'interno della quale comunque sarà la giusta a selezionare". Bissoni ha continuato con un'osservazione: "Perché se il Veneto o la Toscana fanno un bando per i direttori generali le domande presentate sono normalmente 100-150, in alcune Regioni dal Lazio in giù le domande invece sono 700-800. C'è una sorta di cultura diffusa per cui tutti sono in grado di ricoprire questo ruolo. Magari è così- ha commentato - ci troviamo davanti a grandissime professionalità oppure ci troviamo davanti a una sottovalutazione della funzione del direttore generale. Insomma, a me piace andare in bicicletta ma non mi verrebbe mai in mente di iscrivermi al Tour de France".
ZINGARETTI - Per il governatore, quello presentato "è un quadro, che in parte conoscevamo, di convivenza tra strutture di eccellenza e sacche di inefficienza, o addirittura di rischi per la salute dei cittadini". Zingaretti ha sottolineato: "Noi non vogliamo stilare la pagella dei buoni e dei cattivi, dei bravi e dei non bravi, ma finalmente partire da dei dati oggettivi di quella che è oggi l'offerta della sanità nel Lazio per uscire dal tunnel". Per Zingaretti "uscire dal tunnel" vuol dire "non rinunciare al sogno di dare a questa regione una sanità più giusta, equa e che riconosca l'universalità dei diritti alle prestazioni come un diritto costituzionale".
Il presidente ha poi spiegato: "Questo vorrà dire usare i dati per valutare chi gestirà la sanità in questa Regione, perché figli di una storica ed eccellente esperienza nel Lazio, il problema era che questi esiti non erano mai stati presenti alla base delle valutazioni dei direttori o di chi gestisce la sanità pubblica. Questo è l'inizio della costruzione della nuova sanità, che si fonderà certo sulle strutture ospedaliere e sul loro efficientamento, ma soprattutto sulla costruzione di quel nuovo modello su cui puntiamo".
LA MINISTRA LORENZIN - "Il programma Prevale presentato oggi è molto importante perché è uno strumento di valutazione, insieme ai bilanci Lea e a una gestione dei bilanci delle aziende sempre piu' trasparente - ha commentato la ministra della Sanità, Beatrice Lorenzin. "Ci sono degli strumenti per controllare la spesa e puntare maggiormente sulla qualità dei servizi, che poi è quello che vogliono i cittadini - ha continuato Lorenzin - Il problema vero nel nostro paese è la governance, la gestione. Quindi la sfida, insieme alle regioni nell'ambito del nuovo patto per la salute, è il potenziamento della governance, di una maggiore forza per i piani di efficienza, di valutazione per obiettivi e per parametri delle governance regionali".