Gestiva un patrimonio di 1243 unità immobiliari, tutte ubicate a Roma, attraverso una ragnatela di società operanti nei paradisi fiscali. Per questo Angiola Armellini, figlia del noto costruttore Renato Armellini, morto nel 1993, è stata denunciata dalla Guardia di Finanza, insieme ad altre 11 persone con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale. Secondo gli inquirenti avrebbe nascosto al fisco italiano circa 2 miliardi di euro, servendosi di prestanome e conti esteri.
LE INDAGINI - La Armellini, infatti, nella ricostruzione della Guardia di Finanza che ha preso in esame il periodo dal 2003 al 2012, sarebbe stata “l’amministratore di fatto” di un’articolata struttura societaria, formalmente riferibile a proprie persone di fiducia (cosiddette “teste di legno”) ovvero ad una società fiduciaria ubicata in Lussemburgo, ideata negli anni ‘90 al fine di schermare l’effettiva disponibilità di ingenti capitali detenuti all’estero, anche in Paesi cosiddetti a fiscalità privilegiata fra cui Lussemburgo, Svizzera, Nuova Zelanda, Jersey e Bahamas. A tal fine, aveva spostato, solo formalmente, la propria residenza nel Principato di Monaco nel 1999, risultando cittadina monegasca sino al giugno 2010, continuando in realtà a vivere nella capitale, senza dichiararlo, dapprima in un’ampia villa all’Eur e, successivamente, in un lussuoso appartamento su due piani intestato a società lussemburghesi.
IL TESORO NASCOSTO - Alla Armellini è stata contestata la mancata dichiarazione di disponibilità estere in Lussemburgo, nel Principato di Monaco ed in Svizzera, in violazione alle disposizioni sul c.d. “monitoraggio fiscale”, per un valore complessivo, considerando la somma di tutte le annualità accertate (dal 2003), per oltre 2 miliardi e 100 milioni di euro ed inoltre i Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria hanno inoltre proceduto al disconoscimento degli effetti scriminanti di n. 10 scudi fiscali presentati nel 2009. In tutti questi anni la Armellini aveva dichiarato al fisco esclusivamente i compensi corrisposti in suo favore da alcune delle società, anch’esse coinvolte nelle indagini, nei confronti delle quali ella figurava prestare mere collaborazioni.
TASSE SULLA CASA MAI PAGATE - Le attività hanno anche permesso di riscontrare il sistematico, mancato versamento di tributi locali (ICI, IMU), per alcuni milioni di euro, connessi a gran parte del vasto patrimonio immobiliare, favorito dalla complessa e poco trasparente struttura societaria cui gli stessi risultavano formalmente riconducibili. La corretta quantificazione degli importi dovuti è resa particolarmente complessa, peraltro, dal fatto che, nel tempo, si sono verificate variazioni nella formale titolarità degli immobili, a seguito di conferimenti/cessioni di quote intervenute tra le imprese estere formali proprietarie. La concreta esigibilità di tali tributi, con annessi interessi e sanzioni, risulterà, quindi, certamente facilitata dall’avvenuta individuazione della persona fisica retrostante all’architettura societaria estera.
LA RETE PER L'EVASIONE - Sono state eseguite, inoltre, verifiche fiscali sia nei confronti dell’imprenditrice, quale persona fisica, che di tre holding lussemburghesi alla medesima riconducibili, constatando, complessivamente, ai fini delle imposte dirette - in mancanza, allo stato, di adeguata prova contraria della parte – l’omessa dichiarazione di ricavi, al lordo dei costi sostenuti, per circa 190 milioni di euro (oltre ad un’imposta di registro evasa per circa 230 mila euro).
Sul piano penale, è stata deferita alla locale Procura della Repubblica, unitamente ad altri 11 soggetti, tra i quali spiccano alcuni consulenti, italiani ed esteri, incaricati della gestione contabile e fiscale ed effettivi artefici della creazione del fraudolento gruppo societario estero. A questi ultimi è stata ascritta, unitamente all’imprenditrice, anche la fattispecie di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale, essendo emersi compiti, funzioni, direttive specifiche attribuite dall’organizzazione.