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Corviale, il 'serpentone' aspetta la sua rinascita§L'appello dei cittadini: "La Regione sblocchi i fondi"

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Periferia dimenticata e da riqualificare. Covo di criminalità e spaccio. Simbolo di degrado. Su Corviale si è detto tutto ma ancora poco si è fatto. Il “serpentone”, l’edificio lungo un chilometro, aspetta ancora la sua rinascita.

LA PRIMA RIQUALIFICAZIONE - Realizzato tra il 1975 e il 1982 dallo Iacp, Istituto autonomo case popolari, su un progetto di un’equipe guidata dall’architetto Mario Fiorentino è come un animale in letargo che aspetta di mutare pelle. Timidi segnali sembrano esserci, come lo stanziamento per i primi interventi di riqualificazione delle cinque “superscale” che nel frattempo crollano a pezzi. I pannelli traslucidi, che permettono l’illuminazione diurna sono come ghigliottine pronte a cascare al suolo con evidente pericolo per gli inquilini, il calcestruzzo si polverizza. I lavori dureranno sei mesi e l’Ater stanzierà circa 450mila euro. “Sarà il primo di una serie di interventi che avranno tempi lunghi date le dimensioni della struttura – assicura il Commissario straordinario dell'Ater, Daniel Modigliani - e a causa del fatto che al suo interno ci vivono 1.300 famiglie che non possono essere rimosse dai propri alloggi durante i lavori". 

I NUMERI E I RECORD - Il serpentone, nel Municipio XI (centrosinistra), è un’opera mastodontica, immersa nella campagna romana. Non per nulla si è guadagnato il record di “condominio più lungo d’Europa”. Un blocco lineare  da fuori, ma complesso al suo interno: largo 250 metri e alto nove piani per 600mila metri quadri circa. L’edificio è diviso i sei lotti, collegati l’uno a l’altro da decine e decine di ballatoi, ad abitarlo sono circa cinquemila inquilini in 1200 appartamenti di cui un centinaio, al quarto piano, sono stati occupati. Dopo il rifacimento delle scale partirà la riqualificazione, quella vera. Proprio da qui, dove un tempo dovevano nascere locali artigianali, negozi e studi professionali. Ma quei servizi non sono mai arrivati e dieci anni dopo sono iniziate le prime occupazioni. 
Del progetto si parla da anni, dai tempi di Storace, quando fu inserito in un contratto di quartiere finanziato dal Comune, Ministero delle infrastrutture e la Regione.
Vivere qui è una fatica quotidiana tra ascensori rotti e che non permettono l’accesso alle carrozzelle degli invalidi, sporcizia diffusa, citofoni che non funzionano. Ognuno pulisce il suo pianerottolo e lo abbellisce come può, vasi fiori, quadri, tappeti, divanetti. Molti ballatoi sono stati chiusi con cemento e cancelli abusivi. Nel primo e nel secondo lotto si vive in spazi più ristretti. C’è il terzo lotto, quello forse meno degradato, mentre il quarto e il quinto sono quelli più vicini alla città.

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CORVIALE RINASCE? -“Corviale rinasce solo se si investe in sostenibilità e se si incentiva la cultura, l’artigianato e le attività di formazione – dice Pino Galeota, ex consigliere comunale, ora membro dell’associazione Corviale Domani - Aspettiamo ancora che la Regione sblocchi i 42 milioni di euro stanziati: 23 nel palazzo e 19 all’esterno. Tutti ne parlano ma nessuno lo fa. Noi abbiamo anche fatto delle denunce e ci aspettiamo che la Regione, che ha compiti di indirizzo e deve spendere i fondi, dia attuazione al progetto”. Il neoassessore alle infrastrutture, politiche abitative e ambiente, Fabio Refrigeri, già nello scorso maggio si era impegnato a scongelare i fondi. Ma fino ad oggi resta tutto congelato.

FONDI BLOCCATI - Per sbloccare i fondi Comitati e cittadini di Corviale hanno anche dato il via ad una serie di azioni legali. “Una è un’azione popolare - spiega Galeota – abbiamo cioè chiesto di sostituirci alle amministrazioni che non procedono, l’altra è una class action messa in piedi da 30 inquilini che hanno denunciato lo stato di abbandono in cui versa l’edificio. Poi c’è la denuncia alla Corte dei Conti perché i dirigenti della regione che hanno fermato i lavori lo hanno fatto su una indicazione deliberata ma sulla lettera dell’assessore”. L’assessore di cui parla Galeota è Teodoro Buontempo, responsabile delle politiche abitative sotto la giunta Polverini. Ed è a questo punto che si bloccano i fondi per la rigenerazione urbana, nel 2010, quando a Buontempo viene in mente di demolire l’intero complesso residenziale e trasformarlo poi in una città-giardino. “Ho un grande sogno: abbattere Corviale, simbolo della speculazione e dell'oppressione dei cittadini”, così l’ex assessore fresco fresco di nomina.

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CORVIALE C’E’ - Quando e se il denaro sarà sbloccato, andrà a riqualificare la struttura mangiata dal degrado ma anche ad integrare i servizi che comunque a Corviale ci sono e che vanno avanti grazie alla passione di cittadini, associazioni e comitati. Come la biblioteca comunale dedicata a Renato Nicolini, ideatore dell’Estate Romana. Ottanta metri quadri in cui sono raccolti circa 13 mila volumi, quattro sale di lettura e una ludoteca. Il Mitreo, un centro culturale che funziona da incubatore artistico per tutte le forme d’arte: dalla musica al teatro, dalla danza alla pittura, passando per la fotografia. Il mercato rionale coperto che ospita il “Farmer market” dove gli agricoltori vendono prodotti a km0 e equosolidali. Ancora, ai piedi del serpentone c’è un campo da rugby con erba sintetica di ultima generazione, gestito dall’Arvalia Villa Pamphili, centro di incontro e sport per tanti ragazzi del quartiere e della vicina Casetta Mattei. L’incubatore d’impresa, che aspetta nuovi finanziamenti, per alimentare nuove idee che rilancino il quartiere.

‘Serpentone’, ‘inferno metropolitano’ o ‘grattacielo sdraiato’ che sia, “è necessario dare un senso nuovo all’abitare – conclude Galeota – uno sviluppo fondato tra bisogni sociali, attività economiche e ambiente, che tenga conto delle persone che risiedono qui e che accolga la parola inclusione sociale”.


Marino-Morgante: tra il sindaco§e l'assessore cala il gelo

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Che l’amore politico fosse finito da tempo non è più un segreto da tempo. Ma che l’assessore al Bilancio Daniela Morgante fosse diventata un’emergenza nell’emergenza il sindaco Ignazio Marino non se lo aspettava. Non credeva, il primo cittadino alle prese con l’alluvione lampo che si è abbattuto su Roma, che la responsabile delle casse del Campidoglio potesse dire “no” alla memoria di giunta, licenziata lunedì scorso, che stanzia i primi 10 milioni di euro per far ripartire la città dopo averla vista affogare sotto la pioggia battente dei giorni scorsi. Un rifiuto – sull’atto infatti non c’è la firma della Morgante – che apre il fronte del rimpasto in giunta, chiesto a gran voce da tanti e che non è può più essere rinviato. Lo dimostra anche l’assenza ieri tra i banchi della squadra di governo in aula Giulio Cesare, nel corso dell’assemblea straordinaria sull’ondata di maltempo.

Il primo cittadino lo sa, “stanco” di dover affrontare ogni volta il tira e molla tra assessori che vede il magistrato della Corte dei Conti sempre in prima linea. Una figura oramai definita “incompatibile”, nei corridoi di palazzo Senatorio, sia per “l’approccio ragionieristico” che per le continue alzate di testa. Il sindaco continua a sognare Giovanni Legnini, il sottosegretario della presidenza del Consiglio dei ministri tanto corteggiato nel giugno dello scorso anno e che Marino ha visto prima due giorni fa al Mef e poi ieri a cena. Legnini, tra l’altro, è il relatore del decreto Salva-Roma, il provvedimento che sposta sulla gestione commissariale una parte del debito e che strappa dal default economico il Comune. Resta un sogno impossibile, anche perché per lasciare palazzo Chigi Legnini vorrebbe restare parlamentare in questa legislatura e avere la certezza di essere ricandidato nelle prossima.

Certezze che non possono arrivare neppure dal segretario nazionale del Pd: Matteo Renzi, infatti, dopo la lettera del Radicale Riccardo Magi (che accusa democratici e giunta di immobilismo), è indispettito da quello che succede nelle aule di palazzo Senatorio. E non si espone, proprio come il governatore Nicola Zingaretti e la guida romana del partito, Lionello Cosentino. Se Marino potesse, dicono i bene informati, vorrebbe dimissionare subito la Morgante. Ma non può: da un lato l’assessore è forte dei rapporti al ministero dell’Economia, dall’altro ha già impostato il bilancio di previsione 2014. Costringerla al passo indietro vorrebbe significare riscrivere per intero tutta la manovra. E, come sempre, manca il tempo: il sindaco vuole chiudere la partita dei conti entro fine mese. Emergenza permettendo.   

Avviso di sfratto per il dg: due§procedimenti disciplinari contro Alker

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Un avviso di sfratto. Arriva nei confronti del direttore generale Luigi Alker e porta la firma del Campidoglio e del consiglio di amministrazione delle Assicurazioni di Roma, la partecipata finita nella bufera per il mega risarcimento sganciato al tronista Karim Capuano, coinvolto in un incidente con un bus della Cotral. La seduta del cda aveva l’obiettivo di monitorare i procedimenti amministrativi licenziati dalla precedente governance dell'azienda.  E così, “dopo un’approfondita analisi degli atti - recita una nota del Comune – si ravvisano gli estremi” per aprire due procedimenti disciplinari a carico dell'attuale dg.

Sotto accusa “il suo operato”, ma decisiva è la tegola dell’assegno da un milione e 200mila euro concesso a Capuano. La cui automobile, una Smart, si era schiantata nell'aprile del 2011 contro un mezzo della linea trasporti regionale. Un indennizzo milionario portato alla luce da ilTempo e dal tg de La7. E che non convince anche la procura di Roma: i magistrati aprono il fronte giudiziario, con i carabinieri che sequestrano tutti i documenti relativi al caso nella sede della compagnia assicurativa. Durissimi i sindacati confederali (Fiba Cisl, Fisac Cgil e Fna Snfia) che attaccano: Alker “lasci la poltrona che occupa indegnamente”. È  l’ultimo tassello di uno scontro tra il cda, nominato lo scorso ottobre dal sindaco Ignazio Marino, e il direttore generale della vecchia guardia.

Un braccio di ferro tra governance, iniziato quattro mesi tra chi c’era e chi è appena arrivato sotto un altro colore politico: il presidente Giorgio Gallone, professore di diritto assicurativo alla Sapienza; la vice Paola Maria Moreschi, già dirigente nel ramo, e Valeria Falce, docente universitaria; Antonio Longo, professore di Scienze statistiche; Luisa Russo. Nomine frutto della famosa ricerca tra i curriculum, che qualche dispiacere l’ha creato (vedi vigili con Liporace e Ama con Strozzi). Per questo i sindacati chiedono a chiare lettere le dimissioni del dg. Le tre sigle sindacali sperano “in un atto di correttezza” e nel giorno dell’assemblea dei soci suggeriscono “di esercitare al meglio i propri poteri”. Le risposte sono due procedimenti disciplinare e un’inchiesta giudiziaria. E Alker inizia a preparare le valigie.

Petardi e fumogeni contro i rom§E il Comune li sposta all'Eur

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Dalla Casilina, all'hotel Flaminius a Prima Porta e infine alla Fiera di Roma all'Eur. I circa 100 rom, allontanati dall'insediamento di via Lombardi Romolo mercoledì 29 gennaio, in una settimana sono stati spostati da una parte all'altra di Roma. L'ultimo trasferimento c'è stato ieri, dopo la rivolta dei cittadini sfollati dalle case "costretti" a dividere l'albergo a Roma nord con "gli zingari". A quanto riferisce l'associazione Popica onlus "un gruppo di persone incappucciate si materializza davanti all’Hotel Flaminius con uno striscione: 'Marino sindaco dei rom'. Lanciano fumogeni e petardi e si dileguano". E a quel punto Comune e Protezione Civile intervengono. E i rom la sera stessa vengono spostati urgentemente in un altro luogo, l'ex Fiera di Roma appunto. "Una storia che - dichiara Popica - solo per il momento, si chiude qui. Una storia in cui la Solidarietà è la grande assente, in cui l’Umanità cede il passo all’egoismo, alla voglia di segregazione e agli interessi di pochi. Una storia come ce ne sono state tante altre, alle quali siamo ormai quasi assuefatti, una storia che non lascia sperar nulla di buono".

Mafie, droga e prostituzione: 34 arresti§Schiave comprate per 12mila euro

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Pratiche esoteriche, riti voodoo ed un debito di 70mila euro. Con questi metodi erano tenute sotto scacco da “madame” le ragazze costrette a prostituirsi da una banda sgominata dai Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Roma e dell’Arma. Il dato è emerso nel corso di una conferenza stampa cui hanno preso parte il vicecomandante del Ros Pasquale Angelosanto, il comandante del reparto anticrimine del Ros Stefano Russo, il comandante provinciale Salvatore Luongo, nonché Giuseppe Iacoviello e Luciano Magrini della compagnia di Frascati.

250 SCHIAVE E UN GIRO MILIONARIO - Il sodalizio, organizzato in cellule, è risultato essere promanazione di una più ampia organizzazione criminale di culto etnico (Cults), radicata in Nigeria e diffusa in diversi Paesi europei ed extraeuropei. Secondo le verifiche dell'Arma sono circa 250 le ragazze, tutte maggiorenni tra i 18 e i 21 anni, che la banda costringeva a prostituirsi. Un giro milionario quello messo in piedi dai 34 nigeriani arrestati sulla base di un provvedimento emesso dal gip Giacomo Ebner su richieste dei pm Maria Cristina Palaia e Barbara Zuin. Associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, entrambe aggravate dalla transnazionalità del reato, tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, abusiva attività di raccolta del risparmio, porto di armi e oggetti atti ad offendere, lesioni personali e minacce, sono i reati contestati a seconda delle singole posizioni.

70MILA EURO PER LA LIBERTA' - Le donne erano reclutate in Nigeria sulla base di caratteristiche fisiche indicate dalle madame. Trasferite poi nel Togo, qui venivano “provate”, sottoponendole a violenza sessuale. La banda in cambio dava12mila euro alla famiglia della donna, somma con cui venivano pagati anche i documenti falsi. Giunte in Italia, arrivavano già con un debito di ingaggio pari a 70mila euro. La restituzione di tale somma era la porta per la libertà. Una libertà però difficile da raggiungere, soprattutto per le difficoltà ad uscire dal “giro”. Spesso infatti le ragazze sfruttate, diventavano a loro volta madame.

SCONTRI TRA BANDE PER IL CONTROLLO DI TOR BELLA MONACA E CASILINO - Le indagini sono iniziate nel 2010 ed hanno preso in esame anche diversi episodi di violenza con protagonisti nigeriani. La banda, infatti, usava modalità tipicamente mafiose, violenze e minacce funzionali a mantenere il controllo del territorio e delle attività illecite. In tale quadro sono stati documentati violenti scontri nei quartieri romani di Tor Bella Monaca e Casilino, per il controllo dello sfruttamento della prostituzione, tra il gruppo indagato, denominato “Eye” (che significa volo di luce, i cui membri avevano un cappellino nero) e quello contrapposto ed emergente degli “Aye” (che significa supremazia dell'uomo sulla terra e caratterizzato dall'indossare un cappellino blu) costituitosi per scissione dal primo. Le indagini su tali aspetti, sviluppate autonomamente dal Gruppo Carabinieri di Frascati, sono poi confluite nella medesima ordinanza di custodia cautelare.

FIUMI DI DROGA - Contestualmente i carabinieri hanno sequestrato tre appartamenti, attività commerciali (money transfer), conti correnti e autovetture, per un valore complessivo di due milioni di euro. Sequestrati anche dollari falsi. Gli interventi hanno interessato le province di Roma, Torino, Parma, Firenze e Imperia. Due destinatari della misura restrittiva sono detenuti in Togo e nei loro confronti verrà avanzata una richiesta di internazionalizzazione del provvedimento da parte dell’Autorità Giudiziaria italiana. L’attività investigativa ha documentato i vasti interessi dell’organizzazione nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, accertando l’importazione con corrieri “a pioggia” di cocaina, distribuita nella Capitale e in altre città italiane, nonché di traffici di marijuana, approvvigionata da un gruppo criminale albanese, anch’esso colpito da provvedimento cautelare. La componente estera del sodalizio, operante in Togo e deputata al reclutamento delle giovani donne, è stata individuata grazie alla cooperazione instaurata con la Gendarmeria Nazionale Togolese che, su attivazione di questo Raggruppamento, ha proceduto all’arresto, in quel Paese, di due cittadini nigeriani affiliati e alla contestuale liberazione di sei donne già ridotte in schiavitù.

L'assessorato a Giovanni Legnini§passa per la difesa di Acea

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Indispensabile per salvare Roma. O almeno così dicono. È la svendita di Acea, la partecipata del servizio idrico ed energetico del Comune, che dovrebbe mettere in sicurezza le casse del Campidoglio ed evitare il crac. Perché la cessione delle quote della società, di cui palazzo Senatorio detiene il 51%, sembra essere l’unica via per spostare il debito della Capitale sulla gestione commissariale. Stavolta l’attacco all'acqua pubblica non arriva dalla senatrice Linda Lanzillotta, la montiana e fedelissima di Francesco Rutelli, accusata più volta di voler tendere la mano al costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone (proprietario del 16% delle quote dell’azienda capitolina”. Oggi lo ‘sgambetto’ arriva dall’ala renziana del Pd, che presenta un suo emendamento in commissione bilancio al Senato. Una mossa che, a pensarci bene, potrebbe rientrare nel patto tra il segretario Matteo Renzi e Scelta civica sull’Italicum (Sc chiede una soglia di sbarramento più bassa per accedere in Parlamento).

L'ASSE PD-SEL IN BILICO - Una mossa, quella di Acea, che fa scricchiolare ancora di più l’asse tra Partito democratico e Sinistra ecologia e libertà e che si lega al sempre più vicino rimpasto della giunta Marino. Con il sindaco che sogna, dopo aver dato il quasi ben servito a Daniela Morgante, di portare all’assessorato al Bilancio Giovanni Legnini, relatore del Salva-Roma.

L'EMENDAMENTO KILLER - Meglio fare un passo indietro, riavvolgere il nastro e partire dall’inizio: le norme indifferibili per ‘delocalizzare’ il deficit di palazzo Senatorio e portarlo nelle mani del commissario Varazzini, sono indispensabili per salvare dal crac economico la Capitale. Conditio sine qua non, per Lanzillotta, la svendita delle quote di Acea. Ma l’emendamento della senatrice ed ex assessore al Comune di Roma ai tempi di Rutelli sindaco, grazie alle barricate erette nell’aula di palazzo Madama, non passa. Così, oggi, arriva il “soccorso rosso” di una parte del Pd. Il provvedimento presentato nella V commissione del Senato è firmato da Giorgio Santini, Claudio Broglia e Francesco Verducci. Al punto ‘b’ del documento l’oggetto del contendere: “Dismettere quote di società quotate in borsa, fermo restando il controllo pubblico”. Una mossa nata dall’accordo siglato tra renziani e montiani, ma che mette in forse la quota di maggioranza del Campidoglio. Perché il Comune ha il 51% delle azioni e mettere sul mercato anche una minima parte della società di piazzale Ostiense significa perderne il controllo.

PRONTI I PRIVATI - La partecipata, infatti, fa gola a tanti privati. Tra questi c’è Gaz de france con il 4,9%, rappresentata dal direttore generale Paolo Gallo (voluto lì dall’ex sindaco Alemanno), ma soprattutto Francesco Gaetano Caltagirone, con il suo “pesante” 16,3%. Vendere i titoli della società capitolina si traduce, per molti, nell’aprire le porte al costruttutore-editore. Il patron de Il Messaggero ha già suo figlio tra i soci e non è un segreto che il servizio idrico ed energetico stuzzica non poco le sue fantasie di profitto e controllo di un asset fondamentale per Roma. Non vuole sentir parlare di questa ipotesi il deputato Pd Umberto Marroni, l’ex capogruppo in aula Giulio Cesare che due anni fa guidò l'ostruzionismo estremo in assemblea capitolina contro la svendita voluta dall’allora primo cittadino Alemanno. “Ci auguriamo che i nemici della Capitale non tentino l’ennesimo colpo di mano”, ha dichiarato.

LE BARRICATE DEL 2012 - Viva nella memoria dei romani è la battaglia contro la delibera del centrodestra che avrebbe voluto liberarsi di un quinto delle azioni. La resistenza di 24 mesi fa si concluse con la sentenza del Consiglio di Stato, in cui si parlava di procedure del regolamento violate. Oggi però l’argomento torna di stretta attualità. E rischia di spaccare i democratici in Campidoglio, nonché l’asse con Sel. Il capogruppo Gianluca Peciola si dice pronto a “respingere l’aggressione ai servizi pubblici”. Mentre nei corridoi di palazzo Senatorio nessuno vuole sentir parlare dell’ipotesi, il rischio è quello di “esporsi a una figuraccia nei confronti dei cittadini che hanno sostenuto il referendum del 2011”. Per adesso meglio non pensare all’ordine che arriva dall’alto, mentre l’area del governatore Nicola Zingaretti è già pronta alla battaglia.

LEGNINI AL BILANCIO? - Anche il sindaco Marino, nei giorni, scorsi, era tornato a parlare dell’esigenza “di rispettare l’esito referendario”. Ma la partita che si gioca in Senato si lega a quelle del Campidoglio, perché il primo cittadino è alle prese con l’emergenza Daniela Morgante. L’assessore al bilancio che due giorni fa si è rifiutata di mettere la sua firma sulla memoria di giunta che stanziava 10 milioni di euro per fronteggiare i danni dell’alluvione lampo che ha colpito Roma. L’ultimo atto di una storia ormai finita, con il rimpasto sempre più vicino. Il sogno si chiama Giovanni Legnini, ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri ha posto le sue condizioni: no dimissioni dal Parlamento, candidatura sicura al prossimo giro elettorale. Legnini è anche e soprattutto il relatore del Salva-Roma: la sua figura indispensabile per respingere l’attacco, ragionano alcuni dem capitolini. E c’è chi giura che se l’emendamento renziano dovesse essere respinto, mandando a gambe all’aria il patto con Scelta civica, la strada verso la Sala delle Bandiere, per il sottosegretario sarebbe in discesa.

"Ecco un frocio, morirete di Aids"§Aggressione omofoba al Colosseo

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Nuova aggressione omofoba a Roma. L'ennesima. A denunciarla è il Gay Center. E' accaduto in  via Celio Vibenna il 12 gennaio quando Luca, sposato in Spagna con il suo compagno, stava camminando di notte con un suo amico. A un certo punto sono stati rincorsi da un gruppo di 10 ragazzi circa tra i 20 e i 25 anni che hanno iniziato a insultarli gridando frasi come "Ecco un frocio, ecco un altro, andate via dall'Italia, tanto morirete di Aids" e giù con altri insulti. Uno degli aggressori li ha  anche minacciati con una bottiglia che si è rotta a poca distanza dai due amici. Il gruppo di aggressori gridava "Viva il Duce". Luca e il suo amico sono riusciti fortunatamente ad allontanarsi e a chiamare il 113. Luca ha sporto denuncia alla Polizia e ha contattato la Gay Help Line, il numero verde contro l'omofobia 800 713713, per denunciare l'aggressione.

"Ci sono bande di bulli, gruppi che usano la violenza, ma anche molti che rimangano inerti ad osservare senza reagire, come se condividessero tali azioni. - dichiara il gay Center - Aspettiamo l'esito delle indagini augurandoci che questi aggressori vengano identificati, ma il dato delle denunce di aggressioni verbali o fisiche è purtroppo alto". Continua l'associazione: "Il fatto che Luca sia regolarmente sposato in Spagna stona ancor di più con quanto avviene da noi. Dove non solo le coppie non hanno diritti, ma come è accaduto spesso sono vittime di aggressioni". E aggiunge: "A chi dice che l'omofobia in Italia non esiste e che non c'è bisogno di norme che la contrastino consigliamo di prendere nota di questa e di altre aggressioni. Servono aggravanti di pena per reati come questo e norme che contrastino l'omofobia". Il caso, fa sapere ancora il Gay center, è stato segnalato all' Oscad, osservatorio di Polizia e Carabinieri contro le discriminazioni ed all'Unar, ufficio contro le discriminazioni della Presidenza del Consiglio.

Crisi, la Regione finanzia§vecchie e nuove imprese

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Conto alla rovescia per le piccole e medie imprese laziali. A disposizione delle aziende in arrivo 45 milioni di euro provenienti dai fondi europei divisi in due bandi regionali. A favore delle piccole è previsto un primo bando da 35 milioni di euro, mentre il secondo, da 10 milioni, andrà a finanziare le startup.

Con il primo avviso il finanziamento riguarda il 100 per cento delle spese ammissibili e un importo minimo finanziabile di 50mila euro. Mentre quello massimo varia da 100mila a 1 milione di euro a seconda delle linee di intervento. Verso gli enti locali sarà di 100mila euro, per i casi di anticipo ordini e di finanziamento al circolante è di 500 mila euro, per gli interventi per investimenti produttivi invece il massimale è di 1 milione di euro.

Il finanziamento è composto da un 75% a tasso agevolato e un 25% a disposizione dalle banche convenzionate a tasso ordinario. Per le startup, invece, è previsto un finanziamento di 5 anni ad un tasso minimo dell’1%, e con un importo ottenibile di 200mila euro. I requisiti per partecipare è avere la sede nel Lazio e un aumento del capitale sociale in modo che il patrimonio netto risulti almeno pari al prestito richiesto.

I progetti sono stati presentati oggi a via Cristoforo Colombo dal presidente della Regione Zingaretti e dall'assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Fabiani. "Siamo convinti che il Lazio – spiega il governatore – possa diventare il motore per la ripresa italiana. Stiamo aggredendo l'enorme mole dei debiti strutturali, avevamo verso le imprese regionali debiti per 12 miliardi di euro. Accanto a queste politica di risanamento finanziario, abbiamo messo in campo politiche attive per lo sviluppo. I due bandi presentati oggi con l'innovazione del click day portano grandi novità in favore della trasparenza e della chiarezza, eliminando le zone grigie".

E proprio il click day dovrà garantire trasparenza e pari opportunità agli imprenditori interessati. “Noi vogliamo – afferma Fabiani – che questi siano i click day della ripresa. Stiamo preparando e fornendo tutte le condizioni e gli strumenti di base con i quali è possibile agganciare il trend positivo. Sappiamo che le aspettative sono numericamente molto ampie, per la potenzialità del tessuto produttivo che abbiamo il dovere di valorizzare al massimo".

Per il bando sul finanziamento del capitale circolante e degli investimenti produttivi alle Pmi il giorno di avvio sarà lunedì 10 febbraio alle ore 9. Mentre una settimana dopo, il 17 febbraio, sempre alle 9, scatterà la corsa al Fondo per i prestiti partecipativi alle startup. Entrambi sono visibili sui siti www.porfesr.lazio.it e www.sviluppo.lazio.it. Le domande saranno accolte fino a esaurimento risorse e i termini di scadenza per la presentazione sono fino il 30 giugno per le Pmi e il 31 gennaio 2015 per le startup.


Viaggio sulle sponde del Tevere§Una Babele di enti e responsabilità

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“Er Tevere? Ma che ce dovemo fa co sto fiume, zozzo inquinato? Asfartamo tutto e famoce una strada a tre corsie verso er mare. E finalmente anche a Roma se score”. La citazione è cinematografica (presa da un bellissimo film di Carlo Verdone) ma la suggestione è reale. Per decenni il “biondo Tevere” è rimasto abbandonato a sé stesso, legato anche ai brutti ricordi di quando allagava Roma  imboccando la via Flaminia come in un canale diversivo verso Piazza del popolo, via di Ripetta, piazza Navona fino ad arrivare a Piazza di Spagna. Brutti ricordi che difficilmente rivivremo così come qualche secolo fa ma che certo si ripropongono, seppure in forme diverse, anche oggi per colpa dell’incuria e di un sistema di gestione del fiume a dir poco cervellotico. Attualmente gli enti che hanno responsabilità sul fiume (nella gestione e manutenzione) sono 16 ma il sistema di ripartizione delle competenze è così complicato che neanche i diretti interessati ne hanno piena contezza.  La pulizia del fondo e delle acque (e quindi il dragaggio) ad esempio, spetta all’agenzia regionale per la difesa del suolo (Ardis), al Comune spetta la pulizia delle piste ciclabili in convenzione con l’Ama,  all’Ato spetta la depurazione delle acque, ai Consorzi di Bonifica e alla Provincia la gestione dei fossi e degli affluenti. Poi ci sono le Autorità di Bacino, la Sovraintendenza archeologica e così via. Un affollamento di cariche, uffici, dipartimenti che spesso manda in tilt anche le più semplici informazioni tra un ente e l’altro. Per non parlare poi della gestione delle emergenze.

LA PROCEDURA- Già le emergenze. Essendo l’Italia il paese delle emergenze (mai della prevenzione) Roma, la capitale, non potrebbe essere da meno. Ma come funziona il sistema, in questo continuo rimpallo di responsabilità? Una procedura standard c’è e fa riferimento ad una Direttiva del Presidente del Consiglio del 2004: si parte dall’allerta meteo lanciata dal Centro funzionale nazionale della Protezione civile ai centri funzionali locali. Questi elaborano i dati e li inviano, indicando i livelli di criticità (specifici per ogni bacino di competenza), a tutti gli enti che hanno competenza sul fiume. La seconda fase è quella più operativa, di intervento e che riguarda principalmente i cosiddetti “enti idraulici” che mandano i propri mezzi a verificare la condizioni di tenuta degli argini, il corretto funzionamento delle idrovore, avvertono tutti i proprietari dei circoli e barconi che insistono sul fiume e mettono in campo (in maniera autonomia) tutte le misure necessarie per contenere l’emergenza. Ogni Ente interviene nel suo “bacino di competenza”.

MECCANISMO INCEPPATO- E qui viene il bello. Perché se è vero che tutto è scritto e chiaro è anche vero che il meccanismo non funziona mai o quasi. Il primo problema è a monte, nella “valutazione del rischio”. Nella quasi totalità dei casi, infatti, il rapporto della Protezione civile indica un livello di criticità “moderato” e questo può creare anche errori di sottovalutazione da parte di chi li riceve. C’è poi il meccanismo di veicolazione delle informazioni che spesso non funziona. Come nel caso delle strutture (circoli e barconi galleggianti) che insistono sugli argini del Tevere. Queste, secondo le procedure fissate nel Piano di compatibilità  redatto nel 2003 dall’Autorità di Bacino, ente preposto alla verifica ( e non solo) dei rischi idraulici nell’area metropolitana (Tevere, Aniene e fossi minori), dovrebbero essere sempre avvertite per tempo di eventuali cambiamenti di livello del fiume. Avvertimento che, lamentano i diretti interessati, non c’è praticamente quasi mai,  così come quasi mai c’è un ufficio preposto od un responsabile (all’interno dei circoli) in grado di ricevere l’informazione. Questo è un aspetto che riguarda principalmente il Tevere nel suo percorso principale ma che non viene praticamente mai rispettato, né dai Circoli (che dovrebbero avere qualcuno che riceva l’allarme) né e dall’Ardis (che dovrebbe avvisare della piena). Ad aggravare poi la situazione ci sono problemi infrastrutturali, come nel caso del mancato funzionamento delle idrovore di Prima Porta.

COMPETENZE- Per il Tevere  le macro aree di competenza sono due: il corso principale del fiume (detto “asta”) e il reticolo secondario, formato da tutti quei canali e fossi (detti anche “canali ambientali, 13 in tutto) che portano acqua al corso principale. Nel caso dell’ “asta” la responsabilità operativa ricade totalmente sull’Ardis (e quindi la Regione) mentre per il reticolo secondario sulla Provincia e Consorzi di bonifica. E qui viene il bello  (o meglio, il brutto). Perché a differenza di quanto spesso si pensi, non è il Tevere a creare i maggiori danni ma il reticolo secondario. Il caso di Ostia, per quanto accaduto in questo fine settimana, è esemplare. Mentre infatti il corso principale è rimasto all’interno degli argini, salvaguardando Roma, il sistema di “corridoi ambientali” che attraversa tutta l’area  dell’Axa, Infernetto, Casalpalocco, Acilia ha tracimato allagando tutta l’area.

LE RESPONSABILITA’- Quando questo accade diventa difficile anche trovare i diretti responsabili, coperti da un dedalo di uffici e competenze dai cui difficilmente se ne esce. Di certo c’è che la maggior responsabilità riguarda l’incuria e la speculazione edilizia e di certo c’è anche che ci sono regole ben precise che non vengono rispettate. Per quanto riguarda il corso principale del fiume, il quadro normativo di riferimento è chiaro ed è contenuto nel Piano Paesistico redatto dall’Autorità di Bacino nel 2003, in modifica al precedente del 1998, poi rivisto nel 2008.  Prima di questo piano, il sistema delle Concessioni rilasciato dalla Regione Lazio era molto “morbido”, diciamo poco attento. Ora le norme fissano, sulla carta, vincoli chiari e molto stringenti rilascio delle concessioni ai manufatti edili o ai galleggianti lungo il corso del fiume(esempio: non si può costruire entro i 150 metri dalla riva del fiume) nel.  Vincoli che, a conti fatti, non vengono rispettati e che sono in gran parte causa dei danni ad esempio ai circoli situati lungo le sponde del Tevere. Questi infatti sorgono spesso all’interno delle “galene” (aree predisposte la contenimento dell’acqua in caso di piena) ed il rischio di venire allagati è altissimo. Alcune sono strutture anche antichissime, come i circoli sportivi storici, ai quali però dovrebbe essere proibito di  apportare modifiche o aggiunte a livello dell’acqua (come nel caso di campi di calcetto o da tennis) mentre addirittura ci si spinge anche sotto il livello con spogliatoi, palestre o scantinati che vengono praticamente allagati. Nel Piano paesistico è previsto inoltre che il rilascio di ogni concessione sia prima anticipato da una Conferenza dei Servizi che coinvolga Autorità di Bacino, comune e ente interessato. Cosa che non accade quasi mai o molto di rado.  

LA PREVENZIONE- Il sistema delle Concessioni però riguarda solo il corso principale del fiume, meno il reticolo secondario perché meno appetibile da circoli o strutture varie. Qui però il problema è la cementificazione e il mancato controllo degli alvei dei canali che spetterebbe, come detto, alla Provincia o ai Consorzi di Bonifica. L’eccessivo consumo del suolo ha portato interi campi agricoli, ad esempio, a trasformarsi in strade, palazzi, parcheggi. Strutture che non permettono al terreno di drenare l’acqua che si fuoriesce dai canali e che quindi scivola via per chilometri e chilometri coinvolgendo tutto. La zona di Isola Sacra, vicino Fiumicino, ne è un esempio: in quel tratto infatti ci troviamo sotto il livello del mare, il sistema di canali era studiato per far si che l’acqua in eccesso venisse convogliata sui campi prima agricoli e quindi drenata. Ora, l’incuria dei canali spesso intasati da rifiuti e detriti, il cemento delle strade e dell’urbanizzazione  fa si che siano le strade o i parcheggi a fare da collettore per le acque bianche. Senza considerare poi lo stato di abbandono del sistema fognario che contribuisce all’allagamento. Per verificare la totale anarchia in queste zone basta andare a vedere sul sito dell’Autorità di Bacino dove è pubblicata la mappatura delle zone a rischio idraulico e vedere oggi come è ridotta.  Incuria e abusivismo dagli effetti letali come nel caso del cittadino cingalese che lo scorso anno è rimasto intrappolato  in uno scantinato adibito abusivamente ad abitazione e morto affogato a seguito dell’ennesima piena. 

SOLUZIONI- Una soluzione a tutto questo potrebbe esserci e non ha caso è stata indicata più volte, non solo dall’attuale sindaco ma anche da quello precedente, Gianni Alemanno ed è quella accentrare tutte le funzioni (sia per le concessioni che per la manutenzione e controllo) in un unico centro di competenza in grado di accorciare i tempi di comunicazione e di intervento. Una soluzione che renderebbe più chiare anche le responsabilità ma che non è ben vista soprattutto da chi rilascia le Concessioni. Perdere il controllo di queste infatti significa perdere potere e autorità. E quindi, tutto è destinato a rimanere così com’è.

Legacoop, meno ricorso agli ammortizzatori§ma mancano all'appello trentasei milioni

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Diminuisce nei primi due mesi del 2014 il ricorso agli ammortizzatori sociali tra le cooperative aderenti a Legacoop Lazio. Nel 2012, infatti, le imprese che ne avevano fatto ricorso erano 50 con 1.485 lavoratori coinvolti, nel 2013 erano 28 cooperative con 758 lavoratori coinvolti e dall’inizio dell’anno sono scese a quota 23 con 407 lavoratori.

"Il dato più eclatante – si legge in una nota - sta nella riduzione del monte ore utilizzato dalle nostre imprese che nel 2012 era pari a 456.233 ore, mentre nel 2013 è sceso a 138.237 ore con una riduzione delle ore utilizzate che sfiora il 70%”. Da questi dati innanzitutto, emerge chiaramente che le cooperative resistono meglio alla crisi: maggiore capacità di reazione, minore sofferenza, soprattutto sul fronte occupazionale”.

“E’ innegabile che la cassa integrazione in deroga – continuano le coop – ha permesso alle cooperative di salvaguardare posti di lavoro, ma va anche detto che i soci lavoratori e i gruppi dirigenti delle imprese hanno fatto di tutto per tutelare il lavoro, mettendo in campo da un lato progetti di riqualificazione e dall’altro promuovendo il modello cooperativo proprio laddove vi era assenza di lavoro.

Difatti, negli anni della crisi le associate hanno accantonato utili rafforzando il patrimonio e oggi proprio grazie a tali risorse che è stato possibile sostenere le attività e favorire processi di solidarietà intercooperativa rendendo possibile il riassorbimento di tanti lavoratori in mobilità - oltre 300 - che si sono ricollocati all’interno delle imprese cooperative.

Non mancano però elementi di preoccupazione. Sei anni di crisi sono troppi anche per il mondo della cooperazione: “Le risorse stanziate oggi per gli ammortizzatori sociali sono gravemente insufficienti per poter arrivare fino alla fine dell’anno, tenendo conto della grave crisi economica ed occupazionale che ancora interessa la nostra Regione”.

Inoltre mancherebbero 36 milioni di euro per garantire la copertura di tutto il 2013. Di primaria importanza rimane la necessità di condividere misure finalizzate allo sviluppo e che creino posti di lavoro, perché discutere solo di ammortizzatori non è sufficiente. “Il sottoscrivendo patto per il lavoro e lo sviluppo è lo strumento per agganciare la ripresa e rafforzare l’economia sociale. La Regione deve sostenere con più forza la creazione di nuove imprese, specie quelle che nascono dalle crisi aziendali. In questo contesto la cooperazione può svolgere un ruolo da protagonista così come ci dimostrano gli esempi di Manucoop, Fenix Pharma e Videocoop", concludono le cooperative. (a.b.)

Dopo l'alluvione la conta dei danni:§servono oltre 240 milioni di euro

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Oltre 240 milioni di euro di danni. A tanto ammonta la cifra che bisognerà trovare per fronteggiare l’emergenza maltempo, con l’alluvione lampo che si è abbattuto nei giorni scorsi su Roma, paralizzando la città, invadendo le case nel quadrante nord e riducendo le strade a un colabordo. La stima totale arriva oggi dal Campidoglio, sottolineando che nel 90% dei casi le conseguenze negative le pagano edifici e infrastrutture. Per questa categoria la quota maggiore di soldi richiesti: 222 milioni. La spesa correlata ai problemi idrogeologici del territorio, invece, sfiora i 4 milioni e comprende interventi su giardini pubblici, aree stradali, parchi e viali alberati. Altri 12 serviranno per rimuovere piante, alberi, frane e pulizia fossi e bocchettoni. Mentre il primato in classifica per le spese aggregate spetta alle stazioni e al tracciato ferroviario della metropolitana che si aggira intorno a un quinto dei danni.

LA CONTA DEI DANNI - Tra le periferie più colpite i Municipi X e XV. Solo l'inondazione nella zona dell'Infernetto, Ostia e Casal Palocco richiede, sempre secondo la stima del Comune, 5 milioni di euro per interventi su edifici e infrastrutture. Mentre circa la metà servirà per ripristinare la corretta funzionalità delle opere di viabilità a Piana del Sole e 1.050.000 su via di Boccea. Ai numeri di palazzo Senatorio si affiancano quelli della Confcommercio. L’associazione dei commercianti, infatti, stima che il nubifragio abbia provocato perdite per altri 5 milioni di euro. Ancora attivo il monitoraggio, con la raccolta di dati, segnalazioni e documenti. Il presidente Giuseppe Roscioli parla di “centinaia di attività in ginocchio tra Roma, Ostia e Fiumicino, magazzini allagati, attrezzature danneggiate”. La paura è che la cifra sia per difetto.

LA PROTESTA - Mentre la città si lecca le ferite e prova a rialzarsi i cittadini, a cui l'acqua ha portato via tutto, chiedono il conto alle istituzioni. Si sono presentati alla Regione per chiedere al governatore Nicola Zingaretti di visitare le loro case distrutte. Per farlo i residenti dei Municipi X e XI hanno smesso per qualche ora di spazzare via il fango dalle loro abitazioni e si sono accalcati davanti ai cancelli del Consiglio regionale del Lazio, approfittando della seduta in corso, con la speranza di incontrare Zingaretti che, però, non è qui. All'appello rispondono diversi comitati di quartiere: lo Stagni di Ostia, Punta di Malafede, Piana del Sole, il presidio dei cittadini liberi della Valle Galeria. Per quest’ultima, attacca Pietropaolo Pisu del Presidio cittadini liberi, erano stati stanziati “soldi che per creare il bacino di raccolta delle acque piovane e per la riqualificazione della zona, euro che però non sono mai arrivati”.

IL PRECEDENTE - A Casal Bernocchi, invece, sono stati i romani a chiamare e pagare una ditta per un accertamento tecnico preventivo sul canale di via del Fosso del Fontanile. Quello che emerge è inquietante: “Ci sono delle responsabilità di non manutenzione – spiega una cittadina a nome del comitato di Punta Malafede - Dal canale, che non riesce più a drenare, sono fuoriusciti acqua, detriti, cemento, strisce di caffè, plastica, vernici, tutto materiale nocivo che ha seccato la vegetazione”. Dal 2011 la zona ha subito tre alluvioni, in quello stesso anno gli abitanti sono stati costretti a stare “sei mesi fuori casa”. Neanche l’incontro con l’assessore Fabio Refrigeri porta i risultati sperati, così i manifestanti se la prendono con il sindaco Ignazio Marino: “È più presente Papa Francesco”, urlano dal megafono sotto la sede della Pisana.

L'ALLERTA - Tutto mentre la Protezione civile sta valutando il rapporto firmato Zingaretti, con l’ultima parola sullo richiesta dello stato d’emergenza che spetta al Consiglio dei ministri. Una situazione, sottolinea il governatore, che “apre un rapporto con il governo su fenomeni molto particolari come frane, voragini e dissesto idrogeologico e su questo stiamo lavorando”. Intanto resta alta l’attenzione sul meteo. L’allerta sarebbe dovuta finire oggi, ma dal Centro funzionale regionale fanno sapere che il Dipartimento guidato da Franco Gabrielli ha emesso la sentenza: un’estensione dell'avviso di condizioni meteorologiche avverse. Ancora 12-18 ore di passione, con il persistere di ‘precipitazioni da sparse a diffuse, accompagnate da rovesci di forte intensità’. Occhi puntati sulle criticità idrogeologiche sui bacini di Tevere e Aniene.

Gervinho batte il Napoli§La Roma passa ma soffre

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Si è chiusa con una vittoria di misura della Roma (3-2) il match di semifinale d'andata di Coppa Italia tra Roma e Napoli che non ha tradito le attese, con reti, emozioni, sprazzi di classe e soprattutto con la suspance che rimarrà tale fino al termine del match di ritorno in programma la prossima settimana.

SUBITO ROMA - Gli uomini di Benitez, che questa volta rinuncia al turn over, si fanno subito pericolosi con una bella intuizione di Hamsik che lancia in contropiede Insigne; l'attaccante napoletano arriva quasi sul fondo e offre una palla con il contagiri per Higuain, ma è De Rossi ad anticiparlo di un soffio. Al primo affondo però, la Roma si porta in vantaggio sull'asse Totti-Gervinho: il capitano si abbassa sulla linea della trequarti e, appena ricevuto palla, si inventa un fantastico assist all'ivoriano sul filo del fuorigioco; l'ex giocatore dell'Arsenal lascia sul posto gli avversari, si beve anche Reina in uscita e piazza comodamente la sfera in rete. Con il vantaggio la Roma si esalta, sfruttando gli spazi lasciati dal Napoli con la velocità di Gervinho e la tecnica di Ljajic e Totti. Proprio il numero dieci giallorosso, al termine dell'ennesima ripartenza, fa partire un bolide dal limite dell'area, che però è troppo centrale e respinto con i pugni da Reina. La risposta del Napoli è affidata alla personalità di Higuain, molto bravo a cercarsi spazio sulla destra e a far partire un preciso diagonale rasoterra, sul quale Callejon non arriva per un soffio.

SUPER STROOTMAN- Alla mezz'ora però, è una strepitosa conclusione di Strootman dalla lunga distanza a regalare il raddoppio alla Roma: il missile terra-aria dell'olandese si infila all'incrocio dei pali e per Reina non c'è altro da fare che raccogliere il pallone dalla rete. Il Napoli prova Ascrollarsi con Insigne e Maggio, ma è nuovamente la Roma a pungere con il solito Gervinho che si porta a spasso tutta la difesa prima di servire Maicon, la cui conclusione però si spegne a lato..

REAZIONE NAPOLI-  Nella ripresa il Napoli si presenta subito nella metà campo della Roma e al primo affondo riesce ad accorciare le distanze: palla da Insigne a Higuain, che dalla sinistra all'altezza della linea di fondo fa partire un tagliente tiro-cross probabilmente destinato a finire a lato, che però De Sanctis inopinatamente devia nella propria porta.  Il gol esalta i partenopei che si ringalluzziscono trascinati da un Insigne molto ispirato, anche se a rendersi pericolosi sono nuovamente gli uomini di Rudi Garcia con tre conclusioni consecutive di Ljajic molto pericolose. Benitez allora decide di sostituire uno spento Hamsik con il pimpante Mertens e il giovane belga si fa subito trovare pronto, visto che appena entrato trova il pareggio. Come al solito è Higuain che dà il via all'azione, ma poi è l'indiavolato Mertens a vincere un contrasto sulla trequarti, a portare la palla in area, a dribblare Castan e ad infilare il pallone in rete.

SUPER GERVINHO- Sembra finita, ma nel finale è nuovamente Gervinho, ben imbeccato da Florenzi, a siglare la sua doppietta personale e a dare la vittoria ai padroni di casa. La prossima settimana a Napoli il secondo tempo di questo straordinario spot per il calcio italiano. 

Sedici enti si occupano del Tevere§Ma se straripa di chi è la colpa?

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“Er Tevere? Ma che ce dovemo fa co sto fiume, zozzo inquinato? Asfartamo tutto e famoce una strada a tre corsie verso er mare. E finalmente anche a Roma se score”. La citazione è cinematografica (presa da un bellissimo film di Carlo Verdone) ma la suggestione è reale. Per decenni il “biondo Tevere” è rimasto abbandonato a sé stesso, legato anche ai brutti ricordi di quando allagava Roma  imboccando la via Flaminia come in un canale diversivo verso Piazza del popolo, via di Ripetta, piazza Navona fino ad arrivare a Piazza di Spagna. Brutti ricordi che difficilmente rivivremo così come qualche secolo fa ma che certo si ripropongono, seppure in forme diverse, anche oggi per colpa dell’incuria e di un sistema di gestione del fiume a dir poco cervellotico. Attualmente gli enti che hanno responsabilità sul fiume (nella gestione e manutenzione) sono 16 ma il sistema di ripartizione delle competenze è così complicato che neanche i diretti interessati ne hanno piena contezza.  La pulizia del fondo e delle acque (e quindi il dragaggio) ad esempio, spetta all’agenzia regionale per la difesa del suolo (Ardis), al Comune spetta la pulizia delle piste ciclabili in convenzione con l’Ama,  all’Ato spetta la depurazione delle acque, ai Consorzi di Bonifica e alla Provincia la gestione dei fossi e degli affluenti. Poi ci sono le Autorità di Bacino, la Sovraintendenza archeologica e così via. Un affollamento di cariche, uffici, dipartimenti che spesso manda in tilt anche le più semplici informazioni tra un ente e l’altro. Per non parlare poi della gestione delle emergenze.

LA PROCEDURA- Già le emergenze. Essendo l’Italia il paese delle emergenze (mai della prevenzione) Roma, la capitale, non potrebbe essere da meno. Ma come funziona il sistema, in questo continuo rimpallo di responsabilità? Una procedura standard c’è e fa riferimento ad una Direttiva del Presidente del Consiglio del 2004: si parte dall’allerta meteo lanciata dal Centro funzionale nazionale della Protezione civile ai centri funzionali locali. Questi elaborano i dati e li inviano, indicando i livelli di criticità (specifici per ogni bacino di competenza), a tutti gli enti che hanno competenza sul fiume. La seconda fase è quella più operativa, di intervento e che riguarda principalmente i cosiddetti “enti idraulici” che mandano i propri mezzi a verificare la condizioni di tenuta degli argini, il corretto funzionamento delle idrovore, avvertono tutti i proprietari dei circoli e barconi che insistono sul fiume e mettono in campo (in maniera autonomia) tutte le misure necessarie per contenere l’emergenza. Ogni Ente interviene nel suo “bacino di competenza”.

MECCANISMO INCEPPATO- E qui viene il bello. Perché se è vero che tutto è scritto e chiaro è anche vero che il meccanismo non funziona mai o quasi. Il primo problema è a monte, nella “valutazione del rischio”. Nella quasi totalità dei casi, infatti, il rapporto della Protezione civile indica un livello di criticità “moderato” e questo può creare anche errori di sottovalutazione da parte di chi li riceve. C’è poi il meccanismo di veicolazione delle informazioni che spesso non funziona. Come nel caso delle strutture (circoli e barconi galleggianti) che insistono sugli argini del Tevere. Queste, secondo le procedure fissate nel Piano di compatibilità  redatto nel 2003 dall’Autorità di Bacino, ente preposto alla verifica ( e non solo) dei rischi idraulici nell’area metropolitana (Tevere, Aniene e fossi minori), dovrebbero essere sempre avvertite per tempo di eventuali cambiamenti di livello del fiume. Avvertimento che, lamentano i diretti interessati, non c’è praticamente quasi mai,  così come quasi mai c’è un ufficio preposto od un responsabile (all’interno dei circoli) in grado di ricevere l’informazione. Questo è un aspetto che riguarda principalmente il Tevere nel suo percorso principale ma che non viene praticamente mai rispettato, né dai Circoli (che dovrebbero avere qualcuno che riceva l’allarme) né e dall’Ardis (che dovrebbe avvisare della piena). Ad aggravare poi la situazione ci sono problemi infrastrutturali, come nel caso del mancato funzionamento delle idrovore di Prima Porta.

COMPETENZE- Per il Tevere  le macro aree di competenza sono due: il corso principale del fiume (detto “asta”) e il reticolo secondario, formato da tutti quei canali e fossi (detti anche “canali ambientali, 13 in tutto) che portano acqua al corso principale. Nel caso dell’ “asta” la responsabilità operativa ricade totalmente sull’Ardis (e quindi la Regione) mentre per il reticolo secondario sulla Provincia e Consorzi di bonifica. E qui viene il bello  (o meglio, il brutto). Perché a differenza di quanto spesso si pensi, non è il Tevere a creare i maggiori danni ma il reticolo secondario. Il caso di Ostia, per quanto accaduto in questo fine settimana, è esemplare. Mentre infatti il corso principale è rimasto all’interno degli argini, salvaguardando Roma, il sistema di “corridoi ambientali” che attraversa tutta l’area  dell’Axa, Infernetto, Casalpalocco, Acilia ha tracimato allagando tutta l’area.

LE RESPONSABILITA’- Quando questo accade diventa difficile anche trovare i diretti responsabili, coperti da un dedalo di uffici e competenze dai cui difficilmente se ne esce. Di certo c’è che la maggior responsabilità riguarda l’incuria e la speculazione edilizia e di certo c’è anche che ci sono regole ben precise che non vengono rispettate. Per quanto riguarda il corso principale del fiume, il quadro normativo di riferimento è chiaro ed è contenuto nel Piano Paesistico redatto dall’Autorità di Bacino nel 2003, in modifica al precedente del 1998, poi rivisto nel 2008.  Prima di questo piano, il sistema delle Concessioni rilasciato dalla Regione Lazio era molto “morbido”, diciamo poco attento. Ora le norme fissano, sulla carta, vincoli chiari e molto stringenti rilascio delle concessioni ai manufatti edili o ai galleggianti lungo il corso del fiume(esempio: non si può costruire entro i 150 metri dalla riva del fiume) nel.  Vincoli che, a conti fatti, non vengono rispettati e che sono in gran parte causa dei danni ad esempio ai circoli situati lungo le sponde del Tevere. Questi infatti sorgono spesso all’interno delle “galene” (aree predisposte la contenimento dell’acqua in caso di piena) ed il rischio di venire allagati è altissimo. Alcune sono strutture anche antichissime, come i circoli sportivi storici, ai quali però dovrebbe essere proibito di  apportare modifiche o aggiunte a livello dell’acqua (come nel caso di campi di calcetto o da tennis) mentre addirittura ci si spinge anche sotto il livello con spogliatoi, palestre o scantinati che vengono praticamente allagati. Nel Piano paesistico è previsto inoltre che il rilascio di ogni concessione sia prima anticipato da una Conferenza dei Servizi che coinvolga Autorità di Bacino, comune e ente interessato. Cosa che non accade quasi mai o molto di rado.  

LA PREVENZIONE- Il sistema delle Concessioni però riguarda solo il corso principale del fiume, meno il reticolo secondario perché meno appetibile da circoli o strutture varie. Qui però il problema è la cementificazione e il mancato controllo degli alvei dei canali che spetterebbe, come detto, alla Provincia o ai Consorzi di Bonifica. L’eccessivo consumo del suolo ha portato interi campi agricoli, ad esempio, a trasformarsi in strade, palazzi, parcheggi. Strutture che non permettono al terreno di drenare l’acqua che si fuoriesce dai canali e che quindi scivola via per chilometri e chilometri coinvolgendo tutto. La zona di Isola Sacra, vicino Fiumicino, ne è un esempio: in quel tratto infatti ci troviamo sotto il livello del mare, il sistema di canali era studiato per far si che l’acqua in eccesso venisse convogliata sui campi prima agricoli e quindi drenata. Ora, l’incuria dei canali spesso intasati da rifiuti e detriti, il cemento delle strade e dell’urbanizzazione  fa si che siano le strade o i parcheggi a fare da collettore per le acque bianche. Senza considerare poi lo stato di abbandono del sistema fognario che contribuisce all’allagamento. Per verificare la totale anarchia in queste zone basta andare a vedere sul sito dell’Autorità di Bacino dove è pubblicata la mappatura delle zone a rischio idraulico e vedere oggi come è ridotta.  Incuria e abusivismo dagli effetti letali come nel caso del cittadino cingalese che lo scorso anno è rimasto intrappolato  in uno scantinato adibito abusivamente ad abitazione e morto affogato a seguito dell’ennesima piena. 

SOLUZIONI- Una soluzione a tutto questo potrebbe esserci e non ha caso è stata indicata più volte, non solo dall’attuale sindaco ma anche da quello precedente, Gianni Alemanno ed è quella accentrare tutte le funzioni (sia per le concessioni che per la manutenzione e controllo) in un unico centro di competenza in grado di accorciare i tempi di comunicazione e di intervento. Una soluzione che renderebbe più chiare anche le responsabilità ma che non è ben vista soprattutto da chi rilascia le Concessioni. Perdere il controllo di queste infatti significa perdere potere e autorità. E quindi, tutto è destinato a rimanere così com’è.

Sedici enti si occupano del Tevere§Ma se straripa di chi è la colpa?

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“Er Tevere? Ma che ce dovemo fa co sto fiume, zozzo inquinato? Asfartamo tutto e famoce una strada a tre corsie verso er mare. E finalmente anche a Roma se score”. La citazione è cinematografica (presa da un bellissimo film di Carlo Verdone) ma la suggestione è reale. Per decenni il “biondo Tevere” è rimasto abbandonato a sé stesso, legato anche ai brutti ricordi di quando allagava Roma  imboccando la via Flaminia come in un canale diversivo verso Piazza del popolo, via di Ripetta, piazza Navona fino ad arrivare a Piazza di Spagna. Brutti ricordi che difficilmente rivivremo così come qualche secolo fa ma che certo si ripropongono, seppure in forme diverse, anche oggi per colpa dell’incuria e di un sistema di gestione del fiume a dir poco cervellotico. Attualmente gli enti che hanno responsabilità sul fiume (nella gestione e manutenzione) sono 16 ma il sistema di ripartizione delle competenze è così complicato che neanche i diretti interessati ne hanno piena contezza.  La pulizia del fondo e delle acque (e quindi il dragaggio) ad esempio, spetta all’agenzia regionale per la difesa del suolo (Ardis), al Comune spetta la pulizia delle piste ciclabili in convenzione con l’Ama,  all’Ato spetta la depurazione delle acque, ai Consorzi di Bonifica e alla Provincia la gestione dei fossi e degli affluenti. Poi ci sono le Autorità di Bacino, la Sovraintendenza archeologica e così via. Un affollamento di cariche, uffici, dipartimenti che spesso manda in tilt anche le più semplici informazioni tra un ente e l’altro. Per non parlare poi della gestione delle emergenze.

LA PROCEDURA- Già le emergenze. Essendo l’Italia il paese delle emergenze (mai della prevenzione) Roma, la capitale, non potrebbe essere da meno. Ma come funziona il sistema, in questo continuo rimpallo di responsabilità? Una procedura standard c’è e fa riferimento ad una Direttiva del Presidente del Consiglio del 2004: si parte dall’allerta meteo lanciata dal Centro funzionale nazionale della Protezione civile ai centri funzionali locali. Questi elaborano i dati e li inviano, indicando i livelli di criticità (specifici per ogni bacino di competenza), a tutti gli enti che hanno competenza sul fiume. La seconda fase è quella più operativa, di intervento e che riguarda principalmente i cosiddetti “enti idraulici” che mandano i propri mezzi a verificare la condizioni di tenuta degli argini, il corretto funzionamento delle idrovore, avvertono tutti i proprietari dei circoli e barconi che insistono sul fiume e mettono in campo (in maniera autonomia) tutte le misure necessarie per contenere l’emergenza. Ogni Ente interviene nel suo “bacino di competenza”.

MECCANISMO INCEPPATO- E qui viene il bello. Perché se è vero che tutto è scritto e chiaro è anche vero che il meccanismo non funziona mai o quasi. Il primo problema è a monte, nella “valutazione del rischio”. Nella quasi totalità dei casi, infatti, il rapporto della Protezione civile indica un livello di criticità “moderato” e questo può creare anche errori di sottovalutazione da parte di chi li riceve. C’è poi il meccanismo di veicolazione delle informazioni che spesso non funziona. Come nel caso delle strutture (circoli e barconi galleggianti) che insistono sugli argini del Tevere. Queste, secondo le procedure fissate nel Piano di compatibilità  redatto nel 2003 dall’Autorità di Bacino, ente preposto alla verifica ( e non solo) dei rischi idraulici nell’area metropolitana (Tevere, Aniene e fossi minori), dovrebbero essere sempre avvertite per tempo di eventuali cambiamenti di livello del fiume. Avvertimento che, lamentano i diretti interessati, non c’è praticamente quasi mai,  così come quasi mai c’è un ufficio preposto od un responsabile (all’interno dei circoli) in grado di ricevere l’informazione. Questo è un aspetto che riguarda principalmente il Tevere nel suo percorso principale ma che non viene praticamente mai rispettato, né dai Circoli (che dovrebbero avere qualcuno che riceva l’allarme) né e dall’Ardis (che dovrebbe avvisare della piena). Ad aggravare poi la situazione ci sono problemi infrastrutturali, come nel caso del mancato funzionamento delle idrovore di Prima Porta.

COMPETENZE- Per il Tevere  le macro aree di competenza sono due: il corso principale del fiume (detto “asta”) e il reticolo secondario, formato da tutti quei canali e fossi (detti anche “canali ambientali, 13 in tutto) che portano acqua al corso principale. Nel caso dell’ “asta” la responsabilità operativa ricade totalmente sull’Ardis (e quindi la Regione) mentre per il reticolo secondario sulla Provincia e Consorzi di bonifica. E qui viene il bello  (o meglio, il brutto). Perché a differenza di quanto spesso si pensi, non è il Tevere a creare i maggiori danni ma il reticolo secondario. Il caso di Ostia, per quanto accaduto in questo fine settimana, è esemplare. Mentre infatti il corso principale è rimasto all’interno degli argini, salvaguardando Roma, il sistema di “corridoi ambientali” che attraversa tutta l’area  dell’Axa, Infernetto, Casalpalocco, Acilia ha tracimato allagando tutta l’area.

LE RESPONSABILITA’- Quando questo accade diventa difficile anche trovare i diretti responsabili, coperti da un dedalo di uffici e competenze dai cui difficilmente se ne esce. Di certo c’è che la maggior responsabilità riguarda l’incuria e la speculazione edilizia e di certo c’è anche che ci sono regole ben precise che non vengono rispettate. Per quanto riguarda il corso principale del fiume, il quadro normativo di riferimento è chiaro ed è contenuto nel Piano Paesistico redatto dall’Autorità di Bacino nel 2003, in modifica al precedente del 1998, poi rivisto nel 2008.  Prima di questo piano, il sistema delle Concessioni rilasciato dalla Regione Lazio era molto “morbido”, diciamo poco attento. Ora le norme fissano, sulla carta, vincoli chiari e molto stringenti rilascio delle concessioni ai manufatti edili o ai galleggianti lungo il corso del fiume(esempio: non si può costruire entro i 150 metri dalla riva del fiume) nel.  Vincoli che, a conti fatti, non vengono rispettati e che sono in gran parte causa dei danni ad esempio ai circoli situati lungo le sponde del Tevere. Questi infatti sorgono spesso all’interno delle “galene” (aree predisposte la contenimento dell’acqua in caso di piena) ed il rischio di venire allagati è altissimo. Alcune sono strutture anche antichissime, come i circoli sportivi storici, ai quali però dovrebbe essere proibito di  apportare modifiche o aggiunte a livello dell’acqua (come nel caso di campi di calcetto o da tennis) mentre addirittura ci si spinge anche sotto il livello con spogliatoi, palestre o scantinati che vengono praticamente allagati. Nel Piano paesistico è previsto inoltre che il rilascio di ogni concessione sia prima anticipato da una Conferenza dei Servizi che coinvolga Autorità di Bacino, comune e ente interessato. Cosa che non accade quasi mai o molto di rado.  

LA PREVENZIONE- Il sistema delle Concessioni però riguarda solo il corso principale del fiume, meno il reticolo secondario perché meno appetibile da circoli o strutture varie. Qui però il problema è la cementificazione e il mancato controllo degli alvei dei canali che spetterebbe, come detto, alla Provincia o ai Consorzi di Bonifica. L’eccessivo consumo del suolo ha portato interi campi agricoli, ad esempio, a trasformarsi in strade, palazzi, parcheggi. Strutture che non permettono al terreno di drenare l’acqua che si fuoriesce dai canali e che quindi scivola via per chilometri e chilometri coinvolgendo tutto. La zona di Isola Sacra, vicino Fiumicino, ne è un esempio: in quel tratto infatti ci troviamo sotto il livello del mare, il sistema di canali era studiato per far si che l’acqua in eccesso venisse convogliata sui campi prima agricoli e quindi drenata. Ora, l’incuria dei canali spesso intasati da rifiuti e detriti, il cemento delle strade e dell’urbanizzazione  fa si che siano le strade o i parcheggi a fare da collettore per le acque bianche. Senza considerare poi lo stato di abbandono del sistema fognario che contribuisce all’allagamento. Per verificare la totale anarchia in queste zone basta andare a vedere sul sito dell’Autorità di Bacino dove è pubblicata la mappatura delle zone a rischio idraulico e vedere oggi come è ridotta.  Incuria e abusivismo dagli effetti letali come nel caso del cittadino cingalese che lo scorso anno è rimasto intrappolato  in uno scantinato adibito abusivamente ad abitazione e morto affogato a seguito dell’ennesima piena. 

SOLUZIONI- Una soluzione a tutto questo potrebbe esserci e non ha caso è stata indicata più volte, non solo dall’attuale sindaco ma anche da quello precedente, Gianni Alemanno ed è quella accentrare tutte le funzioni (sia per le concessioni che per la manutenzione e controllo) in un unico centro di competenza in grado di accorciare i tempi di comunicazione e di intervento. Una soluzione che renderebbe più chiare anche le responsabilità ma che non è ben vista soprattutto da chi rilascia le Concessioni. Perdere il controllo di queste infatti significa perdere potere e autorità. E quindi, tutto è destinato a rimanere così com’è.

Sabato fiaccolata per Chiara§A Ostia lo sportello antiviolenza

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Una fiaccolata per Chiara, la 19enne di Casalbernocchi in coma da martedì scorso dopo essere stata massacrata di botte dal compagno 35enne. L'iniziativa, prevista per sabato 8 febbraio alle 19, è stata organizzata da parenti e amici della ragazza. La partenza è in piazza San Pier Damiani a Casalbernocchi. Si procederà in via Egidio Garra fino a via di Ponte Ladrone dove alla rotatoria si risalirà per via Egidio Garra; si percorrerà quindi via Guido Biagi per tornare in piazza San Pier Damiani.

CHIARA IN PROGNOSI RISERVATA, "CONDIZIONI PEGGIORATE" - Intanto la ragazza è ancora in prognosi riservata, ricoverata in terapia intensiva nel reparto di neurochirurgia dell'ospedale San Camillo - Forlanini. "Le condizioni della ragazza sono lievemente peggiorate - dice Aldo Morrone, direttore generale dell'ospedale San Camillo - Forlanini -. Dalla Tac e dalla risonanza magnetica si evince che il processo di danneggiamento ha avuto una lieve diffusione. Il danno cerebrale ha compromesso l'intero emisfero sinistro e tutto il tronco encefalico". In ospedale accanto alla ragazza si trovano i genitori, con alcuni parenti e amici.

IL SINDACO - "Con tutta Roma mi stringo intorno a Chiara", ha detto il sindaco Ignazio Marino. "Ieri - ha raccontato il primo cittadino - sono stato nella rianimazione dell'ospedale". Marino si è detto molto colpito dalle parole del padre di Chiara, "che ha detto che avrebbe voluto fotografare il volto di sua figlia distrutto dalle botte, affinché le persone capiscano quanto terribile e odiosa sia la violenza del maschio su una donna". Secondo il sindaco "è un fatto gravissimo, che fa parte della cultura sbagliata della società che considera la donna un oggetto. Va fatta una riflessione profonda nelle scuole elementari, insegnando ai bambini il rispetto per la donna. Dobbiamo eliminare dalla nostra cultura questo odioso sentimento che porta a fenomeni così gravi e drammatici".

IL PRESIDENTE DEL MUNICIPIO X - Sarà presente anche il presidente del X municipio Andrea Tassone insieme a tutta la giunta. Il mini sindaco ieri insieme al sindaco e all'assessora Alessandra Cattoi ha fatto visita alla giovane all'ospedale San Camillo Forlanini.  "Utilizzeremo tutti i mezzi a nostra disposizione - ha dichiarato Tassone in una nota con l'assessore del municipio Emanuela Droghei - per continuare a sensibilizzare i giovani del nostro territorio, le donne in modo particolare: racconteremo loro la storia di Chiara ma anche quella di Michela Fioretti e Alessandra Iacullo, uccise meno di un anno fa a Dragona, affinché queste tragedie scuotano gli animi e invitino le donne ad uscire dal buio".

LO SPORTELLO ANTIVIOLENZA AL GRASSI - Intanto oggi è stato inaugurato lo sportello antiviolenza dell’Ospedale Grassi di Ostia. “Un utile contributo per il contrasto alla violenza di genere - commenta la consigliera regionale di Per il Lazio Marta Bonafoni -  uno sportello di aiuto e orientamento anche per fornire indicazioni e numeri sull’entità del fenomeno in un territorio già duramente attraversato dalla violenza contro le donne". Il servizio sarà gestito dall’associazione Differenza donna, le cui operatrici saranno presenti all’interno del Grassi tre volte alla settimana. "Per il contrasto della violenza di genere - prosegue Bonafoni - è necessaria un’azione coordinata e multipla che tocchi tutti i differenti ambiti: da quello legale, giudiziario, culturale, sociale, sanitario e legislativo". E aggiunge: "Per questo in Consiglio regionale lavorando in modo serrato e continuo siamo riusciti, anche attraverso l’impegno concreto di tutti i consiglieri della V commissione, a licenziare il testo base della legge 33 per il contrasto della violenza sulle donne. Credo però che, anche in considerazione della vastità e frammentazione del territorio del decimo municipio, sia indubbia e assolutamente da sostenere la necessità di avviare esperienze come questo sportello in tutte le strutture socio-sanitarie pubbliche, come presidi territoriali e insostituibili punti di riferimento per l’emersione del fenomeno della violenza domestica", conclude la consigliera.

(Nella foto un flash mob contro i femminicidi)


"Rischio frana per il 98% dei Comuni"§L'allarme dell'ordine dei geologi

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Solo una settimana fa le scene di case allegate e strade distrutte. La colpa di un alluvione lampo, come lo ha definito il sindaco Ignazio Marino. Gli effetti “drammatici”, spiega l’ordine dei geologi, che rincara la dose e parla di “stessi scenari a cui assistiamo da anni”. Tra le cause, una su tutta: una regione, il Lazio, dove 372 comuni “hanno almeno un'area a rischio di frana o di esondazione, in cui è a repentaglio la vita umana e più di 350mila cittadini vivono in aree potenzialmente a rischio idrogeologico”. Un rischio che potrebbe trasformarsi in realtà per il 98% degli abitanti. La colpa, non è più un segreto ormai, “la rapida espansione urbana e alla crescita degli abitati e delle periferie metropolitane, con conseguente impermeabilizzazione di estese superfici”, denuncia il presidente Roberto Troncarelli.

TROPPO CEMENTO - Una cementificazione a cui “quasi mai è seguito l’adeguamento delle infrastrutture per lo smaltimento delle acque meteoriche”, aggiunge il numero uno dei geologi laziali. Senza contare le scelte di urbanizzare ed edificare anche in “aree di naturale pertinenza fluviale o comunque facilmente inondabili”. ‘Elementare’, direbbe il celebre investigatore Sherlock Holmes. Ecco spiegato perché “oggi ci troviamo di fronte a una situazione in molti casi irrimediabilmente compromessa”, aggiunge Troncarelli. Una situazione conclamata che rende “impossibile realizzare anche gli interventi di messa in sicurezza”. Poi l’accusa contro la politica e gli amministratori: “Solo il giorno dopo ricordano che il dissesto idrogeologico è un’emergenza nazionale”. Le leggi in materia di difesa del suolo ci sono: come i Piani di assetto idrogeologico (Pai), che individuano le aree a rischio e le misure per la sua mitigazione.

ATTIVARE I PRESIDI -“Che fare?”, è la domanda degli ultimi giorni. Si potrebbe partire mettendo in pratica il piano nazionale per la messa in sicurezza del territorio, suggerisce l’ordine dei geologici. Che continua “a considerare urgentissimo”. “Non si può più pensare di ridurre i livelli di rischio per le popolazioni  - conclude il presidente - solo attraverso opere di difesa, ma bisogna creare una nuova consapevolezza nei cittadini affinché si impegnino a contribuire alla mitigazione del rischio tenendo comportamenti corretti”. Un’altra azione fondamentale è quella di assicurare la manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua, dei versanti e delle opere esistenti. Senza sottovalutare la delocalizzazione di insediamenti e attività a rischio, il potenziamento delle reti di monitoraggio e dei sistemi di pre-allertamento. La richiesta alla Regione Lazio per l’attivazione di presidi territoriali, di supporto agli enti locali, è stata avanzata. La risposta, però, ancora non è arrivata.

Privatizzazione Farmacap, i lavoratori§in sit-in contro la delibera consiliare

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A finire sotto accusa è la delibera d'iniziativa consiliare, presentata dal consigliere Mino Dinoi (gruppo misto), che darebbe il via alla privatizzazione del 40 per cento della Farmacap e che presto dovrebbe arrivare in commissione politiche sociali.

Un’iniziativa che non è andata giù ai lavoratori della municipalizzata, che da questa mattina - al grido di "Giù le mani da Farmacap" - sono in presidio sotto l'assessorato a via Manzoni, mentre una delegazione ha incontrato l’assessore Rita Cutini. "Fino al 28 febbraio sopravviviamo con i fondi disponibili - afferma Claudia Baldi, Rsa Usi dell'azienda - sospettavamo lo spacchettamento, dopo tutte le promesse da ottobre, quando l'assessore Cutini aveva parlato del rilancio della Farmacap. Lo stesso sindaco Marino nel bilancio aveva stanziato una somma per coprire quello che poi è un credito comunale nei nostri confronti. Il passivo di cui parlano politici e giornali è sospetto, vogliono solo privatizzare".

Dunque, nonostante il contributo di 15 milioni di euro previsto dall'ultimo bilancio dall’inquilino di palazzo Senatorio -  denunciano i lavoratori - la situazione finanziaria rimane non facile per la municipalizzata, che oltre alle 44 farmacie comunali situate soprattutto nelle zone periferiche, offre anche servizi di tele-assistenza e asili nido. Infatti, secondo i dati, diffusi nei giorni scorsi dal sito OpenCampidoglio, l’azienda ha un bilancio in rosso con 15 milioni di euro di perdite negli ultimi due anni.

I sindacati, inoltre, temono i licenziamenti e bocciano il piano industriale proposto dal direttore generale Michele Guarino: "Non ci convince - dichiara Nando Simeone della Filcams Cgil (nella foto) - perché Farmacap può essere autosufficiente grazie alla sua struttura interna". E attacca: "Siamo vittime di consulenze a go-go, esternalizzazioni a raffica mentre le risorse interne ci sono. Perché non nominano il cda che è scaduto da mesi? La realtà è che Marino rischia di far peggio di Alemanno che aveva provato a distruggere Farmacap".

Ma a mettersi di traverso non sono solo i sindacati. "La ventilata privatizzazione è una ipotesi sbagliata di cui peraltro non abbiamo mai discusso in seno alla maggioranza. Siamo sicuri che in queste ore gli assessori Cutini e Morgante potranno smentire e chiarire. A questo proposito va ribadito che siamo vicini ai lavoratori dell’azienda, è per noi determinante che vengano garantiti i livelli occupazionali. Il nostro programma per Farmacap è, come più volte sottolineato, sempre orientato sul doppio binario del risanamento e del rilancio dell’azienda e questo potrà essere realizzato attraverso l’implementazione dei servizi sul fronte socio-sanitario", afferma il presidente del Gruppo Pd in Campidoglio Francesco D’Ausilio.  (a.b.)

Filobus fantasma sulla Laurentina§M5S: "Sperpero di denaro pubblico"

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Le promesse erano chiare: questi sarebbero dovuti essere i giorni del corridoio della mobilità tra Laurentina e Tor Pagnotta. L’annuncio è dello scorso maggio e porta la firma di Roma Metropolitane e del Campidoglio. Ma dei filobus all’Eur neanche l’ombra: solo in minima parte l’infrastruttura è stata completata, con i mezzi che coprono un tragitto di poco più di 4 chilometri, impiegando tempi di percorrenza simili a quelle delle auto. Ecco perché oggi il gruppo capitolino del MoVimento 5 stelle ha deciso di presentare un’interrogazione urgente. Per capire come mai un progetto nato diversi anni fa con Veltroni sindaco, iniziato nel 2010 e costato fino ad ora oltre 160 milioni di euro non sia stato ancora consegnato ai cittadini.

La dead line del febbraio 2014 “è solo l’ultima di una lunga serie di date fornite alla popolazione, esasperata da un cantiere che va ormai avanti da 4 anni”. E' l'ennesima opera incompiuta, per i portavoce del M5S “l'ennesima promessa della politica non mantenuta. E l'ennesima opportunità mancata per dotare la città di Roma di una rete di trasporto pubblico degna di questo nome”. Sull’intero progetto pende anche una spada di Damocle: “Il famigerato ponte sul raccordo, senza il quale l’opera sarà inutilizzabile per le migliaia di persone che abitano fuori dal Grande raccordo anulare”, si legge nel testo firmato dai 4 consiglieri in assemblea capitolina. “Chiediamo di fare chiarezza su questo sperpero di denaro pubblico, alla quale speriamo sarà data risposta in tempi rapidi - continua la nota - I cittadini romani, che pagano le tasse più alte d'Italia, sono stanchi di subire ritardi e disservizi di ogni tipo che vanno a colpire i pendolari che ogni giorno scelgono (o vorrebbero scegliere) i mezzi pubblici”.

La Protezione civile cambia§Volontariato e formazione permanente

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Erano quasi 30 anni che il Lazio aspettava la riforma della Protezione civile. Oggi, con 31 voti favorevoli e sei contrari, il consiglio regionale ha approvato la legge 42 relativa al 'Sistema integrato regionale di Protezione civile'. Una questione, quella del riordino, che ha acquisito maggiore importanza soprattutto dopo il nubifragio che ha colpito la Capitale.

COSA CAMBIA - La grande novità è la nascita dell’Agenzia regionale che elimina i dipartimenti, snellendo e raccordando il lavoro di vigili, polizia e delle 556 associazioni di volontariato che, solo a Roma, sono 195. Il nuovo organismo, che rende fluida la cosiddetta catena di comando, si avvarrà solo di personale interno alla Regione e anche gli incarichi dirigenziali potranno essere assegnati ad amministratori già in corpo all’ente. Controllati gli impegni di spesa, esclusi i capitoli di bilancio destinati ad hoc, che non potranno superare i 200mila euro all'anno. In tutto questo la Regione farà da regia e punto di raccordo con la centrale operativa, programmando, coordinando i vari enti locali e i volontari. Altre novità sono l'istituzione del Centro funzionale multi-rischio, della Sala operativa unificata permanente e del Comitato regionale di protezione civile.

VOLONTARIATO E FORMAZIONE PERMANENTE - Ed è proprio sui volontari che la nuova Protezione civile punterà di più. Il volontariato occupa infatti un capitolo fondamentale del riordino che dispone investimenti più cospicui - sulla formazione dei volontari, come su quella degli operatori e dei dirigenti - che sarà permanente, scongiurando in tal modo il lavoro in “emergenza”. Un “valore aggiunto – ha dichiarato il vicepresidente del consiglio Massimiliano Valeriani (Pd), primo firmatario della legge - per altro un’attività gratuita e senza fini di lucro, da esaltare e valorizzare soprattutto per l’approfondita conoscenza dei territori sui quali si trovano ad operare”.
In casi d’emergenza poi l’Agenzia potrà stipulare convenzioni, o concedere tributi, con soggetti pubblici o provati per contare sulla disponibilità di mezzi e di strutture.

UNA LEGGE BIPARTISAN – La legge, che conta 39 articoli, ha messo d’accordo destra, sinistra e Cinquestelle, che però non hanno perso occasione di fare ostruzionismo. Durante l’iter sono stati 1200 gli emendamenti presentati, in larga parte dai pentastellati, all’inizio contrari proprio alla nascita dell’Agenzia che avrebbe corso il rischio di alimentare nuovi “magna-magna”, facendo da “moltiplicatore di strutture”. Azzerati gli emendamenti, senza il ricorso alla ‘ghigliottina’, si trova finalmente la quadra anche se il M5S vota contro “coerentemente con il nostro programma elettorale partecipato - spiega il movimento in una nota - e con la legge regionale 4/2013 che prevede il riordino e la soppressione di enti e agenzie perché crediamo che i problemi del territorio non si risolvono creando agenzie ma tutelando il territorio”. E da destra, che rivendica comunque la paternità della legge, l’ok arriva anche dal consigliere Storace: “Abbiamo evitato l’eccesso di competenze presso enti in scadenza come le Province e le Comunità montane e, con il nostro emendamento – commenta - abbiamo contribuito all’inserimento delle organizzazioni di volontariato come parte integrante del sistema di Protezione civile”.
A emergenza meteo rientrata, come ha dichiarato in queste ore il dipartimento della protezione civile della Capitale, ora tutti al lavoro per riorganizzare la macchina.

Ragazza travolta dal treno§sopravvive ma perde il braccio

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Una donna di 34 anni è finita sotto un convoglio della linea ferroviaria sulla linea FlL1 alla fermata di Parco Leonardo. Il fatto è avvenuto intorno alle 14.20. Sul posto la Polfer. La donna è trasportata in ospedale in eliambulanza. La 34enne italiana, che lavorava nel supermercato del centro commerciale Parco Leonardo, ha riportato però l'amputazione di un braccio, tranciato dal convoglio. Sembra che la donna stesse attraversando i binari, ma sono comunque in corso le verifiche per accertare se si tratti di un tentativo di suicidio. Le ferrovie dello Stato ha messo a disposizione bus sostitutivi fino all'aeroporto di Fiumicino e dalle 14.50 si circola su un solo binario con ritardi che vanno dai 40 ai 60 minuti.

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