Resta in bilico la sorte del teatro dell’Opera. Da un lato la Cgil e i sindacati autonomi che minacciano lo sciopero per la prima della Manon Lescaut, diretta da Chiara Muti, dall’altro il sindaco Ignazio Marino che, secondo fonti interne al Campidoglio starebbe pensando di mettere in liquidazione il teatro se saltasse l’atteso spettacolo del 27 febbraio.
L'APPELLO A MARINO - Le organizzazioni sindacali chiedono un incontro con il primo cittadino “perché non riconosciamo Fuortes (nuovo sovrintendente ndr), l'uomo sbagliato nel posto sbagliato". "Non vogliamo scioperare, ma non abbiamo una leva per scongiurare lo stato di agitazione”, ha dichiarato Lorella Pieralli della Fials Cisal del Teatro dell'Opera, in una conferenza stampa al Centro Congressi Cavour.
IL SINDACO - "La mia volontà è quella di seguire ogni percorso necessario affinché il teatro lirico sia sempre più un luogo di successo culturale”. Così il sindaco Marino lasciando il Campidoglio, a chi gli chiedeva se considera la possibilità di liquidazione del Teatro dell'Opera. “In questo momento chi lavora con altissima qualità all'Opera – ha continuato il primo cittadino - deve capire che ci sono decine di migliaia di persone che non hanno lavoro o hanno il problema di una casa e per il Comune investire 16 milioni e mezzo nel bilancio 2014 è un impegno notevole, un atto di responsabilità. Se di fronte a tutto questo continua un clima di conflittualità io rimango perplesso e non comprendo". Il sindaco ha poi chiesto " un atto di responsabilità da parte di tutti”. Marino pone l’accento sul fatto che “in un momento di gravissima crisi economica, con 50mila famiglie a rischio abitativo e il 40% di disoccupazione giovanile nella nostra città, Roma proprio per il suo impegno del settore della cultura ha deciso di impegnare 16 milioni e mezzo di euro”. E ha poi puntualizzato: “Si tratta di una cifra molto grande se paragonata a quella di altri teatri lirici italiani ma lo facciamo proprio perché ci teniamo all'eccellenza”.
IL BRACCIO DI FERRO - Non si lasciano intimidire Cgil-Slc, Libersind-Cisal e Fials-Cisal che sempre per bocca della Pieralli fanno sapere: "Noi ci opporremo, non sappiamo se ce la faremo: siamo Davide contro Golia in questo momento. Speriamo di avere la stessa fortuna". Per la rappresentante della Fials "la liquidazione coatta delle fondazioni lirico-sinfoniche purtroppo è un'altra novità della legge Bray, che invece di aiutare la lirica, la distrugge a favore dei comitati d'affari. È come se si volesse mettere in liquidazione la scuola pubblica, o la sanità. Con le dovute proporzioni è la stessa cosa”, aggiunge. È battaglia anche sul "rifiuto del tavolo permanente, previsto dal verbale d'intesa tra Campidoglio e sindacati, funzionale a dare certezza di futuro, a evitare un destrutturante ingresso nella 'legge Bray' e a ricercare misure di razionalizzazione dei costi e di 'spese incontrollate'", di fronte al quale "il sovrintendente viola le normative e compie continui atti di provocazione propagandistica rivolgendosi direttamente ai lavoratori con vaghe promesse rassicuranti", stante anche la mancata pubblicazione dei "risultati dell'inchiesta interna, richiesta da questi sindacati, su alcune voci di bilancio dubbie che sono causa di ingiustificati e cospicui aggravi di spesa". L'attacco è alle ipotesi di "tagli del personale e alla drastica riduzione degli organici essenziali", senza le quali "come sarà possibile mantenere nonché incrementare la produzione?".
CISL E UIL - Scelgono invece “la strada della responsabilità” la Fistel Cisl di Roma e Lazio e la Uilcom di Roma e Lazio, che hanno indetto una conferenza stampa a Roma per domani alle 14, presso la Sala Conferenze della Cisl di Roma e Lazio in Via Giovanni Mario Crescimbeni, 17/A (zona Colosseo). Durante l’incontro verranno spiegate le motivazioni per cui i suddetti sindacati hanno scelto “la difficile strada della responsabilità per salvare il futuro del Teatro e il suo ruolo di centro culturale di eccellenza per la Capitale, insieme alla tutela delle professionalità e dei posti di lavoro”. Lo spiega in una nota Paolo Terrinoni, segretario generale della Fistel Cisl di Roma e Lazio e Alessandro Cucchi, segretario generale della Uilcom di Roma e Lazio.
I FONDI DELLA LEGGE BRAY - La battaglia di Cgil e sindacati autonomi è sull’adesione del Cda del teatro alla legge Bray che in cambio di fondi prevede riduzione del personale e cessazione dell’efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore. Anche se i cambiamenti, secondo quanto previsto dalla legge, dovranno avvenire in accordo con i sindacati maggiormente rappresentati all’interno dell’Opera. Il ricorso ai fondi straordinari si è reso necessario per l’eccessivo indebitamento della Fondazione stimabile in circa 40 milioni che diventano 24 al netto dei crediti. E per il 2013 il pre-consuntivo economico rileva una perdita stimata non inferiore ai 7,5 milioni di euro.
"I LOVE RICCARDO MUTI" - Oggi alla conferenza stampa i rappresentanti dei sindacati hanno indossato una maglietta con su scritto "I love Riccardo Muti" e hanno spiegato: "La maglietta non è una boutade mediatica, ma perché abbiamo fondatissimi motivi di pensare che ci sia una manovra non tanto occulta per far andar via il maestro Muti dal teatro”. Lorella Pieralli della Fials Cisal ha aggiunto: “La presenza di Riccardo Muti per noi sindacati non è solo un valore aggiunto ma è il futuro di questo teatro e probabilmente l'unico futuro possibile per il sistema lirico-sinfonico, che per tutte le organizzazioni sindacali, non solo quelle presenti, ma tutte, è stato abbandonato a una razzia che si sta compiendo anche con strumenti legislativi impropri, che stanno portando allo svuotamento delle Fondazioni lirico sinfoniche italiane, tranne un paio per mantenere una facciata di rispettabilita' a livello europeo". Proprio Muti, direttore onorario a vita del teatro, nei giorni scorsi ha detto ai dipendenti che, se la situazione non si fosse placata, avrebbe lasciato Roma.