Un abitante della Terra su dieci vive in una baraccopoli. Anche se, piuttosto che vivere, sarebbe più corretto dire sopravvivere. Come a Tegucigalpa, in Honduras, una delle città più pericolose al mondo, dove la criminalità onnipresente ha diffuso un’emergenza sanitaria totale. O a Città del Guatemala, in cui l’assistenza medica ha enormi difficoltà nel rimediare ai numerosi episodi di violenza, spesso di tipo sessuale. O ancora a Dhaka, in Bangladesh: lì il terreno fertile per le malattie è dato dalla scarsissima igiene e da un ambiente altamente tossico. Tante drammatiche finestre aperte sul mondo, ad ogni latitudine, che costituiscono il progetto “Urban Survivors – Sopravvivere nelle baraccopoli”, approdato quest’oggi nella Capitale al Museo di Roma in Trastevere e visitabile fino al 20 di gennaio ad ingresso libero (orari: martedì-domenica 10-20).
UN REPORTAGE CORALE TRA FOTO E VIDEO - Si tratta di una mostra multimediale creata dalla più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente del pianeta, Medici senza frontiere, e da Noor, agenzia fotografica che ha incaricato cinque fotografi di fama internazionale (Stanley Greene, Alixandra Fazzina, Jon Lowenstein, Pep Bonet e Francesco Zizola, quest’ultimo presente in mostra martedì 18 dicembre alle 18) di visitare i progetti portati avanti da Msf in altrettante bidonville. Il risultato è un reportage corale, tra fotografie e videodocumentari, che ritrae dolorose cartoline da Dhaka (Bangladesh), Karachi (Pakistan), Johannesburg (Sud Africa), Port-au-Prince (Haiti) e Nairobi (Kenya), catturando immagini crude ed eloquenti tra le fasce di popolazione più povere del pianeta, spesso costretti ad emigrare in massa dalle regioni rurali verso le città, per finire poi nei giganteschi slum, quelle bombe ad orologeria umanitarie che stanno crescono in modo esponenziale e incontrollabile.
LE SFIDE QUOTIDIANE DI MSF - I visitatori romani, in questo viaggio multimediale (fruibile anche on-line all’indirizzo www.urbansurvivors.org), potranno così addentrarsi in realtà davvero inaccessibili, ma che abbiamo il dovere di conoscere, toccando con mano le condizioni di vita estreme di tanti nostri simili. Il filo rosso è costituito dalle sfide che uomini e donne di Medici senza frontiere affrontano ogni giorno: malnutrizione, acqua contaminata, mancanza di servizi igienico-sanitari, infezioni, Hiv/Aids, la vita degli immigrati dello Zimbabwe in Sud Africa o l’allucinante dimensione di Martissant, baraccopoli della capitale haitiana Port-au-Prince colpita dal colera, oltre che dalla tragedia del terremoto.