Sessanta giorni: sono quelli che dividono Roma dalle elezioni amministrative di maggio. A due mesi dall'apertura delle urne per scegliere il sindaco, gli schieramenti sono alle prese con strategie. E difficoltà. Da un lato, il centrodestra con sull'uscente Gianni Alemanno, colpito dalla bufera Macini, l’ex amministratore delegato di Eur spa arrestato per la presunta maxi-tangente sull'appalto filobus. Dall'altro il centrosinistra, alle prese con primarie in bilico tra strumento di partecipazione e guerra di correnti. In mezzo i Cinquestelle che con le loro web-primarie hanno scelto già scelto Marcello De Vito come portavoce del MoVimento.
ALEMANNO - Il giorno dopo l’arresto di uno tra i suoi fedelissimi, Alemanno non crede a “un eventuale cattivo effetto della vicenda sulle prossime elezioni”. La decisione, ricorda il primo cittadino uscente, spetta agli elettori. Ma ripete: “Io non centro nulla” con la presunta maxi-tangente per l’acquisto dei mezzi per il trasporto pubblico locale. Intanto l’inchiesta arriva in piazza San Lorenzo in Lucina ed entra nella sede della fondazione del sindaco, Nuova Italia.
Ombre che si allungano sulla corsa per restare al Campidoglio, che Alemanno ha iniziato a bordo di un camper girando le periferie. Mentre ieri, nel corso della presentazione del rapporto “Modi di vivere a Roma”, ha promesso “politiche familiari per combattere l’individualismo. Ma nel centrodestra qualcuno torna a parlare dell’ipotesi Giorgia Meloni, la cofondatrice di Fratelli d’Italia. Per ora, il candidato resta il sindaco uscente.
Dal centrosinistra la richiesta unanime è quella del ritiro della candidatura di Alemanno, “considerando la sua chiara responsabilità morale”, attacca Luigi Nieri, l’ex consigliere regionale di Sel che nei giorni scorsi ha ritirato la sua candidatura alle primarie per sostenere il senatore democratico Ignazio Marino. Che dopo aver incassato anche l’appoggio di Rivoluzione civile e Verdi, promette “un’azione di legalità”, per recuperare grazie alla lotta alla corruzione, oltre 2miliardi di euro.
SCONTRO NEL PD - Subito all’attacco Umberto Marroni. Il capogruppo capitolino del Pd, che ha fatto un passo indietro alle primarie per far convergere una parte dei dalemiani su David Sassoli, sottolinea che “Marino ancora una volta non conosce il Comune di Roma, perché nel nuovo statuto c’è un codice contro la corruzione”. A dieci giorni dall'apertura dei gazebo, l’europarlamentare Sassoli torna a chiedere “un fronte civico largo per un governo di cambiamento della città”. L’appello è all’ingegnere Alfio Marchini, che correrà fuori dalle primarie del centrosinistra. E qualcuno sussurra che in caso di vittoria di Sassoli si potrebbe cercare la grande alleanza con Marchini per le elezioni.
L’ingegnere, anzi, punzecchia i potenziali futuri alleati: “I comunisti seri non sarebbero mai arrivati a un mese dalle elezioni con delle primarie che si fanno sotto Pasqua con sei candidati. Sono una legittima rappresentazione di correnti interne”. Perché nel Pd ci sono altre due candidati: i renziani Patrizia Prestipino, ex assessore provinciale, e Paolo Gentiloni. La Prestipino, da twitter, crea lo “sciopero della gonna: invitano in tv solo uomini: giacca e cravatta per evitare l'oscuramento mediatico”. Gentiloni presenta un’interrogazione al ministero dell’Economia sulla Tares: la nuova tassa sui rifiuti che il candidato alle primarie a sindaco vorrebbe rinviare al 2014 perché “avrebbe un effetto devastante per Roma”.
GLI ALTRI - Gemma Azuni, capogruppo capitolino di Sel, presenta ieri “il suo programma sui bisogni dei cittadini” e si lancia nella battaglia urbanistica, chiedendo una moratoria per due anni contro la cementificazione. Mentre Mattia Di Tommaso (Psi) promette “una metro sempre aperta come in tutta Europa”.
5STELLE - I grillini invece hanno già scelto il loro candidato portavoce: è l’avvocato Marcello De Vito. Scelto con le web primarie, ma solo dal 65 per cento dei votanti: gli altri si sono astenuti. Ma i Cinquestelle, forti del risultato dell’election day (sopra i 20 punti nella Capitale), contano di arrivare al ballottaggio del 9 e 10 giugno. E stavolta, a destra come a sinistra, l’obiettivo è identico: chiudere la partita al primo turno.