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I Servillo e l'eco familiare di Eduardo§'Le voci di dentro' all'Argentina

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Se il debutto romano di “Le voci di dentro”, che sarà al Teatro Argentina dal 7 al 31 maggio, si sta caratterizzando come un vero e proprio “evento” di questa stagione, per quanto in chiusura, un motivo c’è. Toni Servillo, nell’ultimo decennio, si è accreditato come un interprete di Eduardo tra i più efficaci, sicuramente il più acclamato, probabilmente perché è uno dei pochi protagonisti della scena contemporanea in grado di restituire una profonda autenticità ai lavori dell’autore partenopeo (nonostante sia soltanto alla sua seconda prova). E il motivo sta nella doppia visuale con cui Servillo può permettersi di affrontare il teatro di De Filippo.

DE FILIPPO E L’ECO FAMILIARE NEI SERVILLO - Da un lato – come lui stesso ha dichiarato – Servillo tratta Eduardo come un classico, cioè come uno dei rari patrimoni condivisi e autenticamente popolari della drammaturgia del nostro paese (nonostante sia stato considerato da qualcuno come un fenomeno “regionale”, De Filippo è probabilmente l’unico grande nome della drammaturgia italiana accanto a Pirandello, e decisamente più moderno del premio Nobel siciliano). Dall’altro lato, per Servillo, Eduardo è una sorta di eco familiare, qualcosa che si poteva respirare fin dall’infanzia, da dentro le mura di casa. Così lo spiega in un’intervista all’Università di Roma La Sapienza, realizzata attorno al debutto del suo fortunato “Sabato, Domenica e Lunedì”, oramai più di un decennio fa: “Per me che sono napoletano, Eduardo De Filippo fa parte della mia vita di bambino, nel senso che fin da tenerissima età, 5-6 anni, sentivo parlarne mio padre, i miei zii che sono stati tutti suoi spettatori affezionati. Le battute più famose, quelle delle sue commedie più famose, circolavano in casa nella vita quotidiana. Cioè, per usare un’espressione psicanalitica, Eduardo è stato una mia figura parentale. In casa ho avuto degli zii Nicola, delle zie nubili, come in Sabato domenica e Lunedì, impazzite per i nipoti. Quindi, Eduardo ha rappresentato veramente una figura parentale che ha accompagnato la mia infanzia”.

TRA REALTA’ E ILLUSIONE -È ancora il rapporto tra la realtà è l’illusione al centro di “Le voci di dentro”, che è uno dei cardini del teatro del maestro napoletano, come ha rilevato giustamente un regista come Massimiliano Civica, autore di uno studio (ancora inedito) su alcuni frammenti eduardiani. Non l’illusione come elemento metateatrale, ma come elemento di senso che modifica – a volte in senso tragico – la realtà. “Le voci di dentro” si apre con un omicidio sognato dal protagonista della piéce, Alberto Saporito, dove il malcapitato ucciso è un suo amico. Ma Saporito comincia a credere che il delitto sia stato realmente commesso dai suoi vicini di casa. Scatta così un meccanismo di sospetto che avvolge l’intera compagine dei protagonisti – tra cui spicca il fratello Peppe Servillo, quasi irriconoscibile e decisamente in parte nei panni di Carlo Saportito (anch’egli fratello del protagonista), con capelli incolti e barba non rasata. L’effetto che si scatena ricade proprio su Saporito, avvolto da un senso di complicità e cattiva coscienza.

Prodotto dal Teatro di Roma, dai Teatri Uniti di Napoli e dal Piccolo di Milano (dove ha già fatto tappa dopo l’anteprima di Marsiglia), non è ancora chiaro se lo spettacolo approderà a Napoli nella prossima stagione, che coincide con i trent’anni dalla scomparsa di Eduardo, morto nel 1984. Toni Servillo si è augurato che lo spettacolo possa approdare al Teatro San Ferdinando, lo storico teatro di Eduardo dove “Le voci di dentro” è nato, oggi gestito dallo stabile partenopeo.


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