Sei anni dopo l’introduzione del Piano di rientro dal deficit, il sistema sanitario del Lazio non mostra apprezzabili margini di miglioramento sul piano della capacità di programmazione, governo della spesa, acquisizione di competenze economico-gestionali, affidabilità dei dati contabili, trasparenza del sistema nel suo complesso. E' il risultato di uno studio sulle dinamiche di spesa del servizio sanitario della regione realizzato da Deloitte su commissione di Unindustria.
"MANOVRE FALLIMENTARI" - La ricerca ricorda che “il preoccupante livello del disavanzo sanitario ha portato la Regione Lazio a siglare – il 28 febbraio 2007 – un accordo con il Governo centrale per la definizione del Piano di Rientro. Tuttavia – come si legge nella sintesi dello studio presentato stamattina - gli esiti delle manovre messe in atto si sono rivelati fallimentari. Il disavanzo iniziale – quasi 2 miliardi di euro nel 2006 – si è nei primi anni ridotto per poi mostrare una preoccupante tendenza al rialzo. Gli organi di verifica continuano a segnalare persistenti e gravi inadempienze agli obiettivi del Piano, la spesa pro capite resta la più elevata in Italia, l’aliquota Irap e l’addizionale Irpef, ulteriormente aumentate nel 2011, non vengono ridotte”.
"INTERVENTI FRAMMENTARI SENZA PROGRAMMAZIONE" - Secondo lo studio di Unindustria tra le cause del fallimento ci sono il fatto che il Piano di rientro è stato interpretato come recovery plan, anziché strumento di programmazione. Le misure attuate rispondono all’esigenza contingente di ridurre il disavanzo annuale, con interventi frammentari e senza visione complessiva. Poi, gli obiettivi del Piano raggiunti riguardano le politiche di immediata applicazione (contenimento della spesa farmaceutica e per l’assistenza convenzionata), mentre gli obiettivi legati a fattori più strutturali (contenimento dei costi diretti di produzione, riduzione della spesa per beni e servizi) sono ancora lontani dal raggiungimento. In terzo luogo, la copertura del disavanzo annualmente generato è tuttora garantita da aliquote Irap e addizionale Irpef sui livelli massimi, con una spesa per cittadini e imprese pari a 800 milioni di euro nel 2011. Infine, gli interventi sugli operatori privati accreditati stanno alimentando un contenzioso che assume crescente peso sul bilancio regionale e quindi sul disavanzo.
I RIMEDI - Dopo aver sottolineato le criticità, Unindustria suggerisce anche i rimedi: potenziare i controlli, introdurre un sistema di incentivi che premi i direttori generali meritevoli. Lavorare sulla trasparenza e la riorganizzazione dei dati. La ricerca evidenzia come nel Lazio manca un provvedimento che definisca in modo chiaro la ripartizione di tutte le risorse disponibili e, in più, è adottato il criterio della spesa storica, decurtata di una certa percentuale, anziché ricorrere ad una vera programmazione. Su questo fronte, sarebbe opportuno, tra le altre cose, procedere alla “separazione tra le funzioni di acquisto e di fornitura dei servizi sanitari e in particolare al completamento del processo di aziendalizzazione delle Asl e trasformazione degli attuali 49 presidi a gestione diretta in Aziende ospedaliere (maggiore responsabilità delle strutture pubbliche nel governo della spesa; competizione tra strutture pubbliche e tra queste e le private accreditate)”. Sul fronte del governo della spesa, nel Lazio “il raggiungimento degli obiettivi economici da parte dei direttori generali non è legato a sistemi premianti/sanzionatori e il processo di valutazione dei DG, macchinoso e ridondante, è considerato più come un adempimento formale ai fini del Piano di rientro che come strumento indispensabile per il controllo dell’equilibrio economico-finanziario del sistema”. Nel merito, secondo lo studio, nella nostra Regione si dovrebbe adottare un moderno sistema di controllo di gestione e attivazione di benchmark tra strutture pubbliche per monitorare costantemente e governare in corso d’anno l’andamento dei costi oltre che un sistema di valutazione dei DG che induca la direzione strategica delle strutture pubbliche a raggiungere prestabiliti livelli di performance.
"SEMPLIFICAZIONE E SANZIONI" - Per quanto riguarda il sistema di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, secondo lo studio, nel Lazio bisognerebbe agire sulla semplificazione delle procedure e sull'introduzione di meccanismi sanzionatori per il rispetto dei tempi da parte degli uffici regionali. Poi, bisognerebbe potenziare le attività di controllo su tutte le prestazioni sanitarie anche per contrastare il fenomeno delle iperprescrizioni e accorciare le liste di attesa e introdurre incentivi alla qualità e al continuo miglioramento delle prestazioni delle strutture di ricovero. Infine, sul fronte delle tariffe, lo studio ha riscontrato una “notevole difficoltà di reperimento di dati aggiornati, affidabili e omogenei, sia di natura contabile sia sulla rete dell’offerta. Gli stessi organi di verifica segnalano una persistente carenza di informazioni, nonché errori ed imprecisioni negli atti regionali, raccomandando più attente valutazioni dei dati forniti. Sui dati contabili e patrimoniali, fondamentali per il controllo della spesa e il contenimento dei costi, la Corte dei Conti evidenzia scritture contabili errate, incomplete, irregolari”. Per questo, la proposta è quella di procedere alla “completa ricognizione dei dati e alla riprogettazione dei flussi informativi”.
ALEMANNO: "RAFFORZARE RUOLO RAPPRESENTANTI COMUNALI NELLE ASL" - Una soluzione, poi, la propone il sindaco Alemanno, che stamattina è stato in visita all'ospedale Sant'Andrea, in via di Grottarossa. "La questione non è quella di prendere competenze sulle strutture sanitarie, dove ci sono le Asl e dove non è opportuno scindere. Il tema è il territorio: noi abbiamo dei nostri rappresentanti nelle Asl e dobbiamo rafforzarne il ruolo, ma non per prendere competenze dalla Regione, quanto per garantire il collegamento tra strutture sociali e strutture sanitarie in un quadro di programmazione che deve essere unico da parte di Roma Capitale e della Regione".
ALEMANNO: "IL SANT'ANDREA DEVE ESSERE ALLARGATO" - Poi il primo cittadino ha focalizzato l'attenzione sulla struttura che "che fu aperta grazie a una forte iniziativa di Francesco Storace e che per anni sembrava una cattedrale nel deserto". Dice che "ora ha bisogno di essere allargata. Il nostro dipartimento di urbanistica sta raccogliendo tutti i pareri per permettere nel tempo più rapido possibile l'allargamento, in modo tale che non ci sia più questo ingolfamento tra reparti e pronto soccorso, come c'è in tutti gli ospedali romani. È un equilibrio che va costruito".La struttura sanitaria, guidata dalla dott.ssa Maria Parola Corradi, è sede della Facoltà di Medicina e psicologia della Sapienza e nel 2011 ha festeggiato dieci anni di attività; nei suoi 8 dipartimenti può ospitare 453 pazienti e conta, ad oggi, 1.100 prestazioni ambulatoriali, 25 mila ricoveri, 50 mila accessi al pronto soccorso ed 8300 interventi chirurgici. "Più in generale - aggiunge il sindaco, al termine della visita al pronto soccorso e ai reparti di radioterapia e dialisi - è evidente che, nella nuova fase della sanità romana e laziale, bisogna fare un grande sforzo di integrazione socio-sanitaria e puntare sulla prevenzione e l'assistenza domiciliare. Noi, come Comune, non abbiamo competenze dirette sulla sanità, ma abbiamo delle responsabilità importanti, ecco perché agiremo da difensore civico per garantite il livello di assistenza sanitaria nella città di Roma e per mettere insieme l'aspetto dell'assistenza sociale e quello dell'assistenza sanitaria: due aspetti strettamente legati che non possono essere separati".