I presupposti per un grande avvio di campionato c’erano tutti: il ritorno di Zeman sulla panchina della Roma, l’entusiasmo dell’Olimpico (100 mila persone per le prime due gare casalinghe), una campagna acquisti di circa 40 milioni di euro. Eppure qualcosa negli ingranaggi giallorossi fatica a funzionare, e la Roma si ritrova impantanata tra un gioco che non c’è, tra giocatori già bocciati dalla piazza, e tra tensioni interne.
ZEMAN – Un ritorno atteso 13 anni, così atteso da portare quasi 100 mila persone allo stadio Olimpico nelle prime due giornate casalinghe. Finora l’attesa per quel gioco spumeggiante, pericoloso, offensivo fino al limite è rimasta tale. Solo un’attesa. Eppure Zeman non è cambiato: le bordate contro i poteri forti del calcio, contro la finanza che avvolge il pallone, non sono mancate. Anche gli allenamenti sono quelli che in molti ricordavano: almeno tre giorni di doppia seduta, una dura parte atletica la mattina, e qualche volta anche i gradoni. Allenamenti duri, che hanno fatto storcere la bocca a qualche giocatore. L’avvio incerto della squadra (11 punti, di cui 3 a tavolino) è frutto anche di un 11 ancora non totalmente individuato dal tecnico. In difesa, sulla fascia destra, hanno giocato quattro gare Piris e tre Taddei. Nessuno dei due convincendo totalmente, più di una volta dando licenza ai tifosi di recriminare su una campagna acquisti deficitaria. Al centro della difesa, per sei gare sono scesi in campo Castan e Burdisso. Alla settima, fuori l’argentino, dentro il 18 enne (e talentuoso) Marquinhos. Non più chiara la situazione a centrocampo: chi finora sembra davvero inamovibile è Alessandro Florenzi, vera rivelazione di questo campionato. Gli altri due ruoli sono un ballottaggio continuo: Tachtsidis è la scelta principale di Zeman per impostare il gioco al centro del campo. Una scelta che finora non ha premiato nessuno, e ha relegato De Rossi prima nella posizione di interno destro, poi in panchina. Per il poco impegno dimostrato in allenamento, questa la spiegazione ufficiale. Nel limbo di questo centrocampo galleggia la figura di Pjanic. Giocatore di grande talento tecnico ma di difficile collocazione in questo 4-3-3. In attacco le certezze sono due: Totti e Osvaldo. Il primo è l’uomo assist dei giallorossi, il secondo il capocannoniere finito in panchina nell’ultima gara (vedi De Rossi). Ci sono poi Destro, ancoralla ricerca del gol e Lamela, schierato 5 volte su sei a destra. E’ proprio in questo ruolo che la Roma ha scoperto di avere un buco. Ecco perché Zeman aveva paventato a Osvaldo l’ipotesi di giocare in quel ruolo, ricevendo in cambio un secco no. Più sfumato il “no” di Destro: “non so se ho le capacità per giocare in quel ruolo”. Lamela lo ha accettato invece, ma non di buon grado. A metà ottobre lacune e punti interrogativi sono decisamente troppi.
DE ROSSI - La sosta arriva nel momento peggiore per la Roma. La vittoria contro l’Atalanta serviva per ripartire dopo la sveglia presa a Torino, ma ha avuto invece il risultato di far scoppiare un “caso De Rossi” in casa Roma. O almeno, tra radio e giornali. Zeman a inizio anno ha scelto: lasciar partire Pizarro perchè “nel ruolo di regista ho già De Rossi e Panagiotis”. Dopo sette gare di campionato, il ripensamento: “De Rossi? Può giocare da intermedio destro e sinistro, anche da regista. Ma quello viene dopo”. Incomprensioni tattiche e gli infortuni contro l’Inter e con la Nazionale portano a un risultato: De Rossi gioca solamente 239 minuti sui 540 totali. Non era mai successo al centrocampista di Ostia di giocare così poco.