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Cinema, chiusura flop per il Film Fest§Sul red carpet le lotte operaie

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"E lo chiamano festival". E' una delle battute polemiche più gettonate per descrivere questa settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma appena conclusa tra le polemiche, che riprende ironicamente il titolo più contestato (eppure incredibilmente premiato) di questa kermesse, E la chiamano estate di Paolo Franchi. Sommerso da fischi, sghignazzi e bersaglio di attacchi in conferenza stampa, il terzo film italiano scelto dal controverso neodirettore Marco Müller qualche giorno fa ha infatti riempito le pagine dei quotidiani per lo scandalo creato dalla selezione di un film giudicato "indifendibile". E anche dopo la premiazione la protagonisa Isabella Ferrari è stata fischiata.

POLITICA E RITARDI - Ma è stata solo la punta dell'iceberg di una manifestazione culturale segnata, quest'anno più che mai, dal peccato originale dell'imprinting politico. Quello del sindaco Alemanno e della governatrice dimissionaria Polverini, che hanno sponsorizzato con tutte le forze il direttore uscente dalla rivale Mostra di Venezia. E lui, dal canto suo, è entrato a gamba tesa in un contesto delicato come quello capitolino, imponendo un'uscita di scena anticipata e forzata ai suoi predecessori (quest'anno Piera Detassis si è fatta vedere solo a Casa Alice), sgomitando con le date (posticipate di quasi un mese) senza preoccuparsi dei "cugini" di Torino (il cui festival inizia tra appena una settimana) e facendosi scudo delle protezioni poltiche. Col risultato che Müller, incontestabilmente uno dei più competenti operatori culturali del settore nel Paese, ha iniziato a lavorare al festival solo a giugno. 

UN BILANCIO IN PERDITA - 47mila biglietti venduti contro i 61mila della scorsa edizione. Gli incassi passati da 380mila a 320mila euro. "Abbiamo assistito al peggior festival del Cinema mai realizzato - accusa impietoso il consigliere regionale Enzo Foschi (Pd) - Biglietti e incassi calati del 30%, fischi alle pellicole, sale semivuote. Ma c'è un dato che ci preoccupa ancora di più, il flop registrato dal Mercato che era sempre stato un fiore all'occhiello della manifestazione romana". I numeri elencati dall'organizzazione in effetti parlano di un drastico calo: i compratori di film presenti alla Business Street sono stati 190 invece dei 270 del 2011. Del resto anche in conferenza stampa l'attenzione per il mercato non era stata proprio esemplare. "Nessuno ha tifato per un flop ma è certo che la nuova era della Festa del Cinema di Roma ha innanzitutto tradito l'origine popolare dell'evento con un calo di un terzo dei biglietti venduti", ha attaccato la deputata del Pd Ileana Argentin.

LE STELLE NON HANNO BRILLATO - Poi c'è il tasto dolente delle star hollywoodiane - vantate in precedenza proprio dal direttore in virtù dei suoi contatti - che hanno disertato il tappeto rosso, tanto che il vero divo è stato il 66enne Sylvester Stallone. Una leggenda, ma non proprio il massimo per compensare l'assenza di attori più giovani e amati dalle folle. Jude Law e Adrien Brody, praticamente gli unici attori di nome confermati, sono passati all'Auditorium quasi di soppiatto e velocissimamente. Del tanto sbandierato Quentin Tarantino non si è sentito nemmeno l'odore, e nella conferenza stampa di chiusura il direttore ha dovuto giustificarsi: "Aspettiamo come voi notizie dai produttori del suo film, ma prima o poi arriverà".

UN BUDGET MISTERIOSO - L'unica cosa importante che c'era da fare nell'assumere la direzione del Festival di Roma, nato nel 2006 nel segno della politica e sempre rimasto a galleggiare in un'identità incerta, era portare un progetto culturale forte che fosse strettamente legato al contesto difficile della Capitale. Müller, invece, complice la fretta, ha replicato a Roma le stesse formule create per il Lido di Venezia. Cancellata l'ottima Extra, la sezione più apprezzata e vitale, ha instaurato Cinemaxxi, più simile a Orizzonti e impiantato Prospettive Italia, il "ghetto" per le pellicole nostrane che non sarebbero mai entrate in concorso e che altro non è che il Controcampo veneziano. Le mostre che arricchivano gli spazi dell'Auditorium si sono dimezzate (per fortuna però si è lasciato spazio a una sala stampa degna di questo nome) e l'interessante sezione Focus, dedicata a un paese ospite, è dispersa. Portandosi via la bella idea della tematizzazione del tappeto rosso - che quest'anno, caduta per fortuna l'ipotesi dispendiosissima della megaLupa capitolina, era oggettivamente misero - e della festa di apertura. Eventi e iniziative che richiedevano un budget, si suppone nemmeno troppo esiguo. Quest'anno non lo hanno impegnato e il denaro non è servito nemmeno a pagare l'ospitalità delle star. Perciò, si chiedono in molti, come sono stati impiegati i 12 milioni di budget? 

SUBITO AL LAVORO - Il direttore, comunque, con le poltrone politiche che lo hanno favorito in bilico, è deciso a restare al suo posto per "onorare il contratto firmato per tre anni. Inizieremo a lavorare alla nuova edizione già da lunedì prossimo - ha annunciato - Sarei un pazzo a lasciare in corsa questo progetto''.

IL CASO DEI POST SU FACEBOOK - Quest'anno si è creato un caso persino sulla pagina Facebook del Festival di Roma, accusata di censurare i commenti troppo negativi. Ma, si difende l'organizzazione, "è stata aperta per scopi prioritariamente promozionali e informativi. Il profilo istituzionale del Festival impone la moderazione delle discussioni associate ai singoli post. La natura dei commenti e il linguaggio utilizzato in alcuni post sono stati giudicati inappropriati. Questo non significa che siano stati rimossi tutti i commenti negativi".

LE PROTESTE SUL RED CARPET - Intanto a rendere animato un tappeto rosso disertato persino dalle stelle europee come Mathieu Kassovitz e Daniel Auteuil ci sono stati i blitz, e le sfilate di protesta. L'ultimo giorno decine di operai di diverse vertenze nazionali hanno sfilato all'Auditorium in occasione della presentazione del documentario Dell'arte della guerra, sul caso Innse. C'erano quelli dell'Ilva e di Alcoa, di Almaviva e di Cinecittà, e anche il Cub sale cinema, per lanciare l'allarme sulla chiusura delle sale romane. Sylvester Stallone aveva sorpreso, pochi giorni fa, nel lanciare un appello proprio per la salvezza degli studios di via Tuscolana, mentre gli attivisti di Greenpeace si sono "impossessati" per qualche minuto della cupola dell'Auditorium proiettandoci sopra un messaggio contro l'Enel e le sue politiche nocive. Mentre dai convegni collaterali si lanciava l'allarme per la tardiva digitalizzazione delle sale del Lazio e sull'"inadempienza" del governo rispetto al decreto che determina le quote di investimento e di programmazione delle emittenti tv per il nostro cinema

ALEMANNO: "PERSI MESI PER OSTRUZIONISMO IN CDA" - La sintesi più rivelatrice, però, alla fine la fa proprio il sindaco Alemanno, che dopo aver insistito sul nome di Müller, non si era fatto vedere alla conferenza stampa di presentazione, mentre ha calcato il red carpet della cerimonia di chiusura: "A chi ha criticato vorrei ricordare che si sono persi mesi interi nella preparazione del festival per l'ostruzionismo che c'è stato in consiglio di amministrazione". Si giustifica, insomma.

DETASSIS: "NON SPARO SULLA CROCE ROSSA" - La ex-direttrice Piera Detassis, che quest'anno ha partecipato solo alle attività di Alice nella Città, a Paese Sera: "Non c'è nemmeno bisogno di commentare, sarebbe come sparare sulla Croce rossa. Hanno fatto tutto da soli". Ora resta un grande punto interrogativo sul futuro della kermesse. Müller vuole tornare a lavorare al festival da lunedì. Vedremo se gli sarà permesso.

(Ultimo aggiornamento il 18 novembre alle 17.28)


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