Sono passati ormai 10 mesi dalla morte per overdose di Tiziano De Paola: si è spento nel febbraio scorso in carcere a Regina Coeli, dove era detenuto per spaccio di droga. Ma i tempi per la restituzione della salma si dilatano. Tiziano era condannato a una pena minima, appena tre mesi di reclusione. In questo lasso di tempo la famiglia non è ancora riuscita ad ottenere indietro la salma del proprio caro per celebrarne i funerali: la vicenda, denunciata dal Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, non è giunta a una svolta, piuttosto si è tinta di stupore e incredulità: “Le indagini tuttora in corso – afferma Marroni - non possono assolutamente giustificare questa situazione. Bisogna tenere in debito conto che, oltre alla perdita traumatica di un proprio caro, una famiglia sta vivendo il dramma di non poterlo piangere per un ultimo saluto”.
"ABBANDONATO NEL DEPOSITO CREMAZIONI" - "Le indagini, tuttora in corso - spiega ancora Marroni - si sono indirizzate verso un altro detenuto che avrebbe fornito alla vittima la dose letale, ma ciò che sta rallentando di molto il processo di restituzione sarebbero gli esami e i rilievi autoptici effettuati sulla salma, che hanno avuto una serie di contrattempi. Prima un supplemento di indagini richiesto dalla difesa dell'indagato, poi la circostanza che la cremazione che si vorrebbe effettuare renderebbe impossibile ogni ulteriore esame, infine, una perizia ancora da effettuare sugli ovuli di droga trovati all'imputato. Intanto però la salma di Tiziano è momentaneamente allocata in una cassa provvisoria nel Deposito cremazioni del cimitero di Prima Porta, senza che, peraltro, si siano effettuate procedure di conservazione organica della stessa".
UN'ALTRA VOLTA - “Fermo restando il diritto della Procura di svolgere le indagini – prosegue il Garante dei Detenuti del Lazio – e quello degli imputati di difendersi, non possiamo non considerare ciò che sta accadendo un ennesimo caso di malagiustizia nei confronti di un detenuto morto e della sua famiglia, moglie e due bambini, cui viene negato il diritto di poter piangere, per l'ultima volta, il proprio congiunto”.