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Alloggi militari, il Tar striglia il Ministero§Ciconte: "Salve 500 famiglie romane"

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Potranno continuare a pagare secondo il vecchio e più sostenibile canone di locazione. È la buona notizia che, in 32 anni di lotte, fa tirare un sospiro di sollievo ai circa 700 inquilini fine titulo (500 solo a Roma) che hanno fatto ricorso al Tar contro i provvedimenti di rideterminazione del canone emessi dal Ministero della Difesa nei confronti degli utenti degli alloggi di Esercito, Aeronautica e Marina. A riferirlo a Paese Sera è l’avvocato Nicola Ciconte, legale del Comitato Casa Diritti, che non si risparmia: “Un ottimo risultato che pone un freno a una vergogna tutta italiana, ma bisogna fare di più”.

Avvocato Ciconte, una grande vittoria che però non la lascia del tutto soddisfatto. Perché?
“Sostanzialmente non contestavamo solo la bontà amministrativa dei provvedimenti ma anche la legittimità normativa a monte dei regolamenti del Ministero della Difesa, che in qualche modo sancivano la volontà di cacciare gli inquilini attraverso l’innalzamento dei canoni di conduzione degli alloggi. Praticamente uno sfratto mascherato, ma il Tar non ci ha dato ragione. In ogni caso andremo in appello al Consiglio di Stato per mettere fine a una vergogna che è tutta italiana”.

Quali sono i numeri di questa “vergogna”?
“In tutta Italia si contano 18mila alloggi militari. Di questi, circa 5mila sono occupati da inquilini fine titulo, ossia militari in pensione o vedove che hanno perso il titolo alla conduzione dell’alloggio ma continuano ad occuparlo, sia perché fino a qualche anno fa la Difesa non ne aveva bisogno, sia perché molti speravano di poterli acquistare definitivamente. Poi, su 5mila senza titolo, ci sono 1.800 inquilini in fascia protetta che non possono essere mandati via per legge. Quindi, tolti questi, si tratterebbe di 3.200 persone a fronte di un parco alloggi di 18mila (o 51mila come ha riferito l’anno scorso il ministro Di Paolo), che sommessamente si vorrebbero cacciare”.

Con quale strategia?
“Alzando i canoni di conduzione a livelli ‘antieconomici insostenibili’ così da costringerli a lasciare l’alloggio. Praticamente un ricatto bello e buono: o paghi o te ne vai”.

E l’effetto qual è stato?
“Un regolamento del 16 marzo 2011 in cui l’amministrazione ha previsto importi enormi con canoni di affitto 5-10 volte superiori a quelli previsti per legge e canoni di vendita superiori ai prezzi di mercato”.

Per questo molti inquilini hanno fatto ricorso al Tar. Solo a Roma si sono avuti 500 ricorsi. Qual è la situazione?
“Bisogna considerare che gli alloggi dei fine titulo a Roma sono sparsi su tutto il territorio. Dalla Cecchignola a Ostia, Trionfale, Trastevere, Prenestina, San Giovanni, Pisana. Sono alloggi in condizioni precarie che gli stessi occupanti, nella speranza di poter acquistare e per la dignità di vivere in una casa abitabile, hanno provveduto a mantenere di tasca propria sistemandoli e ristrutturandoli. Ma fondamentalmente sono case che cadono a pezzi”.

I casi più emblematici?
“A Trastevere, per esempio, una signora che vive con 400 euro di pensione ha avuto un canone di 2mila euro. Al Villaggio Azzurro di Ostia, 98 inquilini avrebbero dovuto acquistare non a canone agevolato (70-80mila euro), ma a canone maggiorato con cifre che sfioravano i 250mila euro. E tutto questo perché le abitazioni non erano più accatastate come abitazioni economiche ma come abitazioni civili. Per fortuna il Tar ha accolto tutti i ricorsi”.

E adesso la palla passa all’amministrazione.
“Esatto, perché dovrà riformulare tutti i provvedimenti con adeguata istruttoria e nel frattempo gli inquilini possono continuare a pagare con il vecchio e più sostenibile canone”.


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