Nell'agosto 2009 occuparono il Colosseo per difendere il proprio posto di lavoro, ma a distanza di 3 anni non hanno ancora ricevuto alcuna garanzia per il proprio futuro. E nonostante le promesse del Campidoglio. Sono le guardie giurate dell' ex Istituto di vigilanza urbe dell' Associazione nazionale combattenti e reduci, che dallo scorso giovedì presidiano l'ingresso del Campidoglio. Licenziati dopo il fallimento dell'azienda per cui lavoravano, il Comune nel febbraio 2010 aveva firmato un protocollo d'intesa garantendo un reimpiego nelle municipalizzate, ma a distanza di tre anni, solo 26 persone su 300 sono state effettivamente assunte.
LA PROTESTA -“Sono passati ormai tre anni da quell'accordo - spiegano i lavoratori che domani mattina dovrebbero incontrare il vicesindaco Sveva Belviso - e il sindaco Alemanno non ha mantenuto le promesse. Come Pinocchio”. Dei 300 lavoratori che non si opposero al licenziamento, solo 21 sono stati assunti a tempo indeterminato all'Ama, per gli altri invece buio pesto. I circa 80 reimpiegati da Risorse per Roma con contratto a tempo determinato dal prossimo 21 maggio rischiano di rimanere disoccupati, così come gli altri 69 assunti dalla Multiservizi, che hanno visto il loro contratto scadere lo scorso 31 marzo. Per tutti gli altri, mai assunti, invece, la mobilità è già scaduta lo scorso febbraio.
LA STORIA - Da ente morale al crac da 80 milioni. Fece scalpore nel 2008 la vicenda dell'ex istituto nato da una costola dell' Associazione nazionale combattenti e reduci, commissariato e infine assorbito da una società privata, dopo una profonda crisi economica e un buco da 80 milioni di euro. Nel passaggio societario ai circa 960 lavoratori, dapprima inquadrati come dipendenti dell'Ancr nazionale, ente morale che percepisce contributi dal ministero della Difesa e dalla Presidenza del consiglio dei ministri, vennero prospettate contrattuali differenti rispetto al passato, e solo in 660 accettarono il nuovo inquadramento che prevedeva una busta paga più “leggera”, circa 200 euro in meno, e un differente trattamento pensionistico.
Dei restanti 300 dipendenti, dopo una battaglia che durò anni, se ne fece carico il Comune, che nel febbraio 2010 siglò un protocollo d'intesa in cui si impegnava al reimpiego presso le aziende partecipate o collegate dal Comune di quanti non si opposero al licenziamento, accettando quindi la condizione di mobilità. “Al momento dell’annuncio dell’avvenuta firma del Protocollo – scriveva il giorno della firma lo staff del sindaco nel suo blog - le famiglie dei lavoratori hanno festeggiato il sindaco con una ovazione”. Chissà che domani lo stesso Alemanno non li rincontri tutti di nuovo in piazza. Con ben altri intenti.