Undici giorni di riprese, una Canon 5D, un obiettivo 50 mm e un budget di 15mila euro. Spaghetti Story approda al Riff come nel suo habitat naturale, suggellando l’etichetta ‘indie’ come sinonimo di low budget, cast giovane e troupe leggera. Una sfida, quella del regista romano Ciro De Caro - un passato in pubblicità, qui alla sua opera prima – che nella povertà di mezzi trova la sua essenza stilistica, funzionale al tipo di racconto. In una parola, la sua forza.
BASSO COSTO E CREATIVITA’ -“Abbiamo girato con l’attrezzatura che poteva entrare nel bagagliaio di un’auto, tra difficoltà e imprevisti che, alla fine, sono stati il valore aggiunto del film – racconta a Paese Sera il regista (e co-sceneggiatore, con Rossella D’Andrea) classe 1975 - tanto che non so più se è arrivata prima la scelta del basso costo, che mi avrebbe garantito la massima libertà, o quella stilistica. L’idea era di dare una possibilità ad attori emergenti e giovani professionisti. Secondo una modalità assolutamente coerente con la storia del film, che parla di giovani che vogliono farcela”. Un’estetica che si traduce nell’uso frequente della macchina a mano, in pochi primi piani e molti tagli interni. Ma anche in una maggiore libertà di manovra sul set, “perché la povertà dei mezzi, il fatto di usare poche luci, ha tolto parecchi vincoli agli attori e la recitazione ne ha beneficiato. In quei giorni tenevo una foto di John Ford sul cellulare e la guardavo in continuazione. Lui diceva che gli imprevisti vanno sempre presi come delle opportunità. Allora mi sono messo in questo flusso e mi sono lasciato portare. Il segreto di questo film è la sua spontaneità”.
35ENNI CRESCONO - Sullo schermo quattro giovani adulti dei nostri giorni, “affamati da un’avvizzita speranza di poter cambiare vita”, ma in realtà ragazzi mai cresciuti che campano di piccoli espedienti e non hanno mai davvero osato vivere. Un incontro fortuito, quello con una giovane prostituta cinese, e una scelta impulsiva cambierà il loro destino, allargando orizzonti ristretti e delimitati. “Un film sulla mia generazione – spiega De Caro - che parla di crescita con onestà e ironia. Difficile circoscriverlo in un genere: più che commedia, nell’accezione italiana attuale, la chiamerei ‘dramedy’ all’anglosassone, una commedia amara, alla Virzì diciamo, senza scomodare la commedia all’italiana”.
UNA ROMA DEL QUOTIDIANO - Girato e ambientato nella Capitale con un cast e una troupe romana, Spaghetti Storyè un film, come lo definisce il suo regista, “straromano”, anche per la forte connotazione linguistica. Sullo sfondo la città autentica, quella del quotidiano. “Niente riprese da cartolina, ma una Roma di borgata in senso lato, perché non abbiamo voluto connotarla troppo, specificando troppo chiaramente dove ci trovavamo. Abbiamo girato tra Garbatella, la Casilina e la Balduina. Luoghi riconoscibili per chi ci vive, ma non fortemente caratterizzati”. Il film nasce da un precedente cortometraggio, Salame milanese, e in qualche modo ne è la sua naturale prosecuzione. Stesso protagonista, stesso ‘slang’ romano e 300mila visualizzazioni su YouTube. “L’abbiamo testato sul web e così ci siamo resi conto che si poteva fare”, conclude il regista. Che stasera ha un’ennesima sfida da superare: il derby Roma-Lazio. Ma non si scompone, perché il più ormai è fatto. Prossima tappa - prima (si spera) di approdare in sala - il festival di Cracovia.
LA MIA DROGA SI CHIAMA SLOT– Dario Albertini, regista romano classe 1974, porta invece al Riff una storia di dipendenza e di solitudine. Quella di Slot – Le intermittenti luci di Franco, in calendario alle 20,40 al Nuovo Cinema Aquila. Davanti alla macchina da presa Franco e la sua ossessione. Un viaggio senza filtri nell’oscuro e contorto meccanismo del gioco d’azzardo, la storia di un uomo rimasto solo e della sua mania per le macchine mangia soldi.