“Dopo Romolo e Remo, anch’io sono stato nutrito dalla Lupa”, saluta così, con una battuta, la menzione speciale 2013 che gli è stata conferita lunedì scorso, in occasione del Premio “Maestri dell’Artigianato” nella Sala della Promoteca, in Campidoglio. L’”anarchico ai fornelli” Antonello Colonna – chef pluripremiato e dal 1996 Ambasciatore della cucina italiana nel mondo – ha ricevuto la Lupa Capitolina per i suoi meriti professionali. “La Lupa – ha detto a Paese Sera - mi ha adottato, mi ha dato fiducia”. La definizione di chef, però, gli va subito stretta.
"LA CUCINA ROMANA? UN BENE CULTURALE" - Antropologo, filosofo, imprenditore, storico, sociologo: Colonna nel definirsi non esita a oltrepassare i confini segnati dai fornelli. Perché la sua cucina è, prima di tutto, come ama ripetere, una filosofia di vita. “L’ottavo re di Roma”, il maestro che ha “insegnato a cucinare gli spaghetti a Robert de Niro”, difende a spada tratta la cucina romana che “è un bene culturale, un linguaggio”. Gioca a tutto campo con il gusto, mantenendo fermo il timone sulla rotta dell’eleganza e dello stile. E se esce dalle regole, lo fa sempre con cognizione di causa. Ecco perché, nel suo caso, “anarchico” e “aristocratico” sono aggettivi che vanno perfettamente a braccetto.
"A NEW YORK LA CUCINA EBRAICO-ROMANA" - La sua avventura parte ufficialmente nel 1985, quando l’attività di famiglia a Labico, nella campagna romana, passa nella sue mani e lui la ribattezza semplicemente “Antonello Colonna”, facendola sua nel più pieno senso del termine. La tradizione gastronomica romano-laziale ha un nuovo cambio di marcia: riattualizza le ricette, mantenendo intatta l’eredità culinaria. Ricorda come è sbarcato nella Grande Mela, anno 1987, grazie alla conoscenza di un gruppo di ristoratori americani. Apre l’”Albero d’Oro”, ristorante di cucina ebraico-romana. “Eravamo in piena recessione americana. A New York, c’erano molti ebrei, e ho iniziato a pensare a progettare un locale diretto a questa specifica clientela, facendo attenzione ad affiancare le tradizioni culinarie romane al rispetto dei loro riti”. Il locale di 60 posti pagato un miliardo di lire all’inizio non andava benissimo. Poi, grazie a diversi miglioramenti, prende quota, tanto che lo ribattezza “Vabene” in onore del conquistato successo.
I LOCALI NEL MONDO E I DIVI DI HOLLYWOOD - Da New York, a Istanbul, a Londra: Colonna, nel suo lungo percorso di ristoratore apre altri locali, si afferma a livello internazionale, e fa scuola. Nel 2007, fra tradizione e modernità, è la volta dell’”Open Colonna”, inaugurato all’ultimo piano del Palazzo delle Esposizioni, a Roma. E poi, dulcis in fundo, qualche tempo dopo, il Vallefredda Resort, “fuori dal mondo ma a due passi dal Colosseo”: 20 ettari di terreno coltivato che incornicia una farmer house moderna (dodici stanza con orto-giardino più una suite), un’oasi di natura e benessere a soli 30 km dalla Capitale. Gran Signore del bio, fra aia e orto, il raffinato padrone di casa è non solo gran cerimoniere del gusto, ma anche del relax. Naturale che di celebrità ne abbia viste molte. Ultimi Gerard Butler e Aaron Eckart che venerdì 5 aprile scorso, dopo la proiezione del film Attacco al potere al cinema Adriano, hanno cenato presso l’Open Colonna, in una sala allestita in tema con la pellicola.
LE PARTITE A BILIARDINO CON VERDONE E VENDITTI - Ma Colonna non è uno che ama ostentare le sue amicizie vip, incorniciandole ed esponendole sui muri dei suoi locali come fossero trofei. E tanto per ribadire il concetto, ricorda il suo appuntamento fisso con Verdone e Venditti per giocare a biliardino: “Nonostante la mia assidua frequentazione con i due artisti, non ho neppure una fotografia con Venditti”. Tiene molto alla privacy dei suoi amici-clienti: “Quando Woody Allen è stato per diversi giorni all’Open, tutto il mondo ne ha parlato, ma è stato come se non se ne fosse accorto nessuno. Tengo molto che i miei ospiti si sentano accolti e non infastiditi dai paparazzi”. La convivialità si associa alla qualità, ha clienti con un tenore di vita alto ma il suo genio corteggia anche buste paga più basse. Per lui è soprattutto una questione di mentalità. E ha un primo affondo per i romani: “Il romano è molto fantozziano perché nella sua vita quotidiana non pensa naturalmente ad andare a verificare i prezzi di luoghi con un loro stile”. E ricorda il costo del caffè all’Open: 1 euro. Autodefinendosi anche “rivoluzionario dell’eccellenza”, punta su più formule di offerta, che mixano eleganza e accessibilità. “Quello che cerco di fare io – dice - è di interpretare le mode ed adeguarmi di conseguenza”. Fra saperi e sapori, crede molto nell’importanza dell’educazione: “La gastronomia è una materia che andrebbe introdotta nelle scuole, concentrando la didattica anche sui laboratori di cucina”. La Lupa Capitolina – ecco il secondo, garbato affondo ai romani - arriva dopo che ha ottenuto riconoscimenti in giro per il mondo. Ma “nemo propheta in patria” commenta con una punta di salutare quanto legittima provocazione.