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Caos Pd, parola d'ordine: mediare§Prestipino si ritira dalla corsa

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È il tempo della mediazione. Dopo l’azzeramento della segreteria del Pd Roma, caduta sotto i colpi delle diverse correnti democratiche, non a caso il verbo più usato nelle federazione di via delle Sette chiese è “mediare”. Sarà Eugenio Patanè, presidente dell’assemblea capitolina, insieme al segretario regionale Gasbarra, a cercare di ricomporre i pezzi a un mese dal voto per il Campidoglio. Per far rientrare i malumori dell’area popolare, che ha minacciato di mollare Ignazio Marino per l’imprenditore Marchini. La prima risposta già domani, con la presentazione delle liste in cui rientreranno alcuni degli esclusi che hanno dato il via alla faida.

I MAL DI PANCIA - La “reggenza” Patanè, “non commissariamento” sottolineano i democrat, si avvia sul principio della condivisione, per placare i mal di pancia di chi lamenta l’esclusione dei suoi (in primis i consiglieri comunali Coratti e Zambelli). L’obiettivo però è quello di evitare che passi l’idea che i candidati li scelgono gli eletti in aula Giulio Cesare, “altrimenti – spiega un dirigente di area Zingaretti – salta il partito”. Tra l’altro qualcuno dei dissidenti sembrerebbe non in regola con il pagamento della quota per gli emolumenti al partito (sancito dal regolamento). E questo potrebbe creare ulteriori problemi. La rabbia nata dai municipali delle ex circoscrizioni IX, X, XI, e XIX dovrebbe rientrare fra poche ore. E scongiurare quello che più temono in via delle Sette chiese: una diaspora verso Marchini.

AREADEM - “C’è stato un momento – sussurra un membro della direzione legato ad Areadem – che questa era più di un’ipotesi”. L’idea è stata presa in considerazione anche dai dalemiani vicini a Claudio Mancini. Senza dimenticare che i renziani scalpitano per un allargamento dell’alleanza, proprio come chiede David Sassoli. L’europarlamentare sconfitto da Marino alle primarie, su cui puntava Franceschini, auspica un dialogo anche con movimenti e forze cattoliche. Se con i primi il candidato sindaco non dovrebbe avere problemi, con i secondi la distanza è siderale: a partire dal testamento biologico fino al registro delle unione civili. L’ordine di scuderia resta quello di serrare i ranghi sul nome del senatore. La domanda che in molti si fanno è: “Reggerà?” I dubbi sembrano pochi e c’è anche chi esclude al “100 %” la diaspora.

IL PASSO INDIETRO DI PRESTIPINO - Ma intanto il Pd perde una candidata. È Patrizia Prestipino, l’ex assessore provinciale che non ha superato l’esame della base per la candidatura a sindaco. Lei, renziana di stretta osservanza, avrebbe deciso il passo indietro per colpa del caos di un partito che ora “va rifondato”. Anche se per il congresso bisognerà aspettare il voto di maggio. La Prestipino sceglie di tirarsi indietro perché senza i suoi candidati nei Municipi avrebbe difficoltà a “tirare” le preferenze. Dieci i nomi proposti e otto rimasti senza posto. Finiti poi nella civica di Marino. Che invita l’ex assessore nel suo comitato elettorale. La versione non ufficiale parla invece della consapevolezza di non riuscire a conquistare un ruolo in giunta.

MICCOLI - A mente fredda si ragiona anche sul golpe che ha azzerato la segreteria e fatto fuori il deputato Marco Miccoli. La sua defenestrazione era un atto dovuto per l’incompatibilità tra carica elettiva e quella di responsabile del Pd Roma. A nessuno però sfugge il tempismo di Alberto Tanzilli, popolare e presidente della commissione di garanzia, che sceglie di applicare le regole a pochi giorni dalla presentazione delle liste. Anche se tra i bersaniani legati al governatore Zingaretti c’è chi critica l’ex segretario per un “oltranzismo” che alla fine richiede un “prezzo politico”. Ora è tutto nelle mani del mediatore Patané. Che, a un mese dalle elezioni, dovrà rimettere insieme i pezzi.


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