Dirigenti sempre più ricchi, e lavoratori dipendenti in crisi. Dal 2009 al 2012 (quattro esercizi) gli amministratori delegati delle municipalizzate e controllate di Roma capitale (Atac, Roma Metropolitane, Ama, Risorse per Roma, Roma servizi per la mobilità, Eur S.p.a., Zetema Srl, Roma Entrate) hanno accumulato compensi milionari: otto persone hanno percepito ben 8 milioni 7mila euro. Tutto ciò a fronte di un quadro economico e sociale drammatico con una disoccupazione giovanile (15-24 anni) che a Roma arriva al 40,1%, con il 52,2% dei pensionati che percepisce una pensione inferiore a mille euro, con circa 170 mila famiglie ridotte in stato di povertà. E' quanto emerge dallo studio curato da Isrf Lab e presentato questa mattina presso il Centro Congresso Cavour nel corso dell'iniziativa "Salari e top managers. Le disuguaglianze a Roma" promossa dalla Cgil di Roma e del Lazio e dalla Fisac Cgil nazionale.
"STIPENDI AD 7 MAGGIORI AZIENDE COME 864 DIPENDENTI" - Un trend che segue quello italiano, dove sette amministratori delegati delle maggiori aziende operanti sul territorio romano (dall'Eni all'Enel, da Finmeccanica a Telecom) hanno percepito nel 2012 quanto 864 lavoratori dipendenti e quanto 1.728 lavoratori in collaborazione. "Lo scopo del nostro studio - ha detto Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil nazionale - è quello di mettere in evidenza come in questo momento di profonda crisi non sia più tollerabile il differenziale retributivo oggi esistente tra il lavoratore dipendente, che guadagna mediamente 26mila euro l'anno, e i top managers di tutti i settori, che superano i 4 milioni di euro l'anno. Serve maggiore equità e sobrietà". L'appello è ai parlamentari del centrosinistra, ai quali viene proposta una legge che, sull'onda del referendum svizzero e delle indicazioni fornite dall'Unione europea, riduca la forbice tra i compensi dei lavoratori e quelli dei top managers da 1 a 163 a 1 a 20 (cioè che i compensi del top management non superino di 20 volte quelli dei lavoratori del settore). "In sostanza, nessun top manager dovrebbe guadagnare più di quanto percepisce il governatore della Banca Centrale Europea".
UNA LEGGE SUL MODELLO DELLA SVIZZERA - "Le risorse così recuperate - ha osservato il sindacalista - potrebbero essere più utilmente investite in azioni di solidarietà per garantire il lavoro ai giovani e la tutela agli anziani". Lorenzo Tagliavanti vicepresidente della Camera di commercio di Roma ha invitato sia la politica che i vertici aziendali a trovare soluzioni adeguate insistendo sulla necessità di una "maggiore condivisione" in questo momento di grande difficoltà. "I livelli di compensi dei top managers - ha detto - non sono più adeguati alla fase che stiamo vivendo. Più che indicare tetti massimi degli stipendi per i top managers si deve lavorare sui risultati. Se il manager contribuisce ad aumentare il valore dell'azienda è anche giusto che riceva alti compensi; in caso contrario questi compensi milionari appaiono del tutto ingiustificati". Per Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio "la crisi ha messo fuori gioco il modello Roma". Un modello che va ripensato "ripartendo dal lavoro, dal fisco, dal sociale". "Sommando la perdita di reddito dovuta alla cassa integrazione a quella derivante dal blocco della contrattazione pubblico impiego - ha spiegato - ci risulta che dal 2010 a oggi non sono entrati nelle tasche dei lavoratori coinvolti circa 3 miliardi di euro. Questo ha comportato una riduzione della capacità di spesa delle famiglie con forti ripercussioni sull'economia del nostro territorio".
"FERMARE LE DISUGUAGLIANZE" - "Le disuguaglianze - ha detto Di Berardino - non aiutano mai a invertire un ciclo, finiscono invece per confermarlo. E con la crisi queste disuguaglianze fra chi ha poco e chi ha troppo sono aumentate. Alcune persone hanno conservano il loro status, per altre invece la situazione è peggiorata: basti pensare ai licenziati, ai cassintegrati, ai precari cui non è stato rinnovato il contratto scaduto". "In una fase come questa - ha sottolineato - non è più pensabile intervenire sui salari dei lavoratori: occorre intervenire sulle retribuzioni. Bisogna "togliere in alto e ridistibuire in basso" e questo va fatto introducendo un fisco più equo e progressivo e modulato in relazione alle capacità di reddito di ognuno". "E' un'operazione - ha concluso - che va realizzata sia a livello nazionale che locale: se pensiamo ai grandi dirigenti delle aziende municipalizzate di Roma, è evidente che anche il sindaco da questo punto di vista debba assumersi delle responsabilità".