Nella mattinata di oggi si è svolta al Circolo Canottieri Lazio di Roma la conferenza stampa del candidato alla presidenza della FIH (Federazione Italiana Hockey), Sergio Mignardi, uscito sconfitto dalla tornata elettorale del 22 e 23 settembre scorsi. . Il tema della conferenza stampa,alla quale hanno partecipato anche l’avvocato Giovanni Fontana, Antonio Buccioni, presidente della Polisportiva Lazio, Pierpaolo Giuliani, Roberto Brocco e Francesco Cinti, è stato quello della presunta illegittimità della rielezione del Presidente uscente, Luca Di Mauro, giunto al quarto mandato. Per esser rieletto Di Mauro aveva bisogno del 55% dei voti, mentre lo sfidante del 51%;l’Assemblea Elettiva si è conclusa con l’assegnazione del 58% dei voti a Di Mauro che ha avuto 855 voti complessivi e il 42% a Mignardi. Nel corso di tutta la mattinata Mignardi ha preso a riferimento un dato, relativo a una vittoria, quella colta da Di Mauro, tale solo per uno scarto di 47 voti. Questo in base ai calcoli da lui forniti, che ovviamente non coincidono con quelli emersi dall’Assemblea Elettiva dove Di Mauro è stato eletto con una maggioranza di oltre 200 voti rispetto a Mignardi, chesi è guadagnato comunque ben oltre le 600 preferenze.
Il RICORSO - Mignardi ha spiegato che tramite le segnalazioni che gli sono pervenute dalle società che lo hanno sostenuto ha scoperto che ci sarebbero state delle irregolarità nelle procedure di convocazione, partecipazione ed attribuzioni dei voti alle società votanti. “La nostra politica era quella di superare il 45% che ci avrebbe consentito di fare altri passi” – dice Mignardi. Di Mauro,a quel punto, infatti, da regolamento non si sarebbe più potuto candidare e si sarebbe tenuta un’altra assemblea con altri candidati, alla quale Mignardi poteva invece presentarsi. La cosa non è andata in porto per 47 voti su 1469 (in base ai calcoli forniti da Mignardi, ndr). Cosa è successo? È successo che abbiamo cercato di capire l’andamento e la dinamica dell’assemblea. Sono arrivate quindi delle segnalazioni di altre società che indicavano una non corrispondenza fra ciò che era stato fatto e i voti assegnati. Questo è il punto centrale del ricorso. E’ stata fatta un’indagine e ci siamo accorti che la tabella di riferimento presa non era quella prevista dalla statuto e dal regolamento organico. È stata assunta come tabella di riferimento per l’attribuzione dei voti quella dell’anno 2011-2012 invece che quella del 2010-2011. L’assemblea essendo stata convocata il 30 luglio del 2012, l’anno di riferimento doveva essere appunto quella del 2010-2011”. Mignardi ha quindi spiegato la situazione che lo vede protagonista, spiegando inoltre che tutto questo è stato fatto non solo per quelli che hanno scelto lui per rinnovare la Federazione Hockey, ma anche per tutti quello che l’hanno accompagnato in questa avventura. Il candidato esclude però delle motivazioni politiche delle elezioni del nuovo presidente del Coni dietro tutta questa situazione: “Voglio specificare che io non ho mai fatto nessuna dichiarazione pro Malagò o pro Pagnozzi, quando sarà il momento si vedrà”. In verità, quello che rende gustosa questa vicenda è proprio il contesto in cuisi colloca, visto che tra pochi mesi ci saranno le elezioni per la Presidenza del Coni.
PAROLA DELL’AVVOCATO- “L’alta Corte ha in carico il ricorso, abbiamo chiesto l’abbreviazione dei termini perché c’è una certa urgenza su quello che dovrò fare la federazione Hockey. Abbiamo fatto inoltre una serie d’istanze istruttorie, vogliamo oltre alla ripetizione dell’Assemblea anche che sia l’Alta Corte che vada a dire quali sono i voti che spettano alle società”. Poi l’avvocato Fontana ha fatto notare che con la ridistribuzione dei voti Mignardi avrebbe probabilmente superato anche il 50%: “Ci sono aspetti di mancanza di trasparenza,magari senza dolo, questo non lo vogliamo dire, rimaniamo nell’ambito sportivo, pensiamo che siano stati fatti dei meri errori, ma ci sono comunque casi pochi chiari e per questo è bene che ci sia un commissario a controllare”. La battaglia è quindi aperta e Mignardi non ha intenzione di lasciare la presa; a precisa domanda se si è pronti ad andare anche oltre l’Alta Corte, arrivando quindi anche al Tar, la risposta è stata secca e chiara: “sì, crediamo proprio di sì”.