L’ordine perentorio è quello di serrare le fila, per un sostegno compatto al candidato sindaco del centrosinistra, Ignazio Marino. Ma, a un mese dal voto, il terreno sotto il Pd romano è fragile. E rischia di affondare il partito, sull’onda della resa dei conti nazionale. Decapitata la segreteria guidata dal bersaniano Marco Miccoli. Con lui fuori restano in 13. Formalmente è un atto dovuto, dopo le elezioni ottenute da alcuni membri tra Parlamento e Regione. In pratica è uno show down che nasce dal caos liste per i Municipi.
LE CORRENTI - Così la guerra tra correnti nei democratici, iniziata con le primarie, trova nuova linfa con l’implosione per la scelta del presidente della Repubblica. E travolge l’esecutivo romano. Succede tutto in una notte, ieri, proprio quando era arrivato l’ordine di ricompattarsi per la sfida del Campidoglio. E lo ripete, subito dopo aver rimesso il mandato, lo stesso Miccoli: “Pronto a sostenere Ignazio Marino perché Roma va riconquistata”. Il candidato sindaco preferisce occuparsi “dei romani, non di queste beghe”.
In realtà l’ex segretario aveva già deciso di lasciare con le primarie parlamentari, dello scorso 30 dicembre. Proprio come la responsabile organizzazione Micaela Campana. Un atto dovuto, visto che conoscevano lo statuto. Poi il silenzio, fino al colpo di teatro: la commissione di Garanzia, guidata da Alberto Tanzilli, popolare vicino al senatore D’Ubaldo, decide di applicare la norma del regolamento sull' “incompatibilità tra cariche elettive e ruoli dirigenziali”.
GLI ESCLUSI DAI MUNICIPI - Miccoli, tra l’altro, era decaduto già il 13 marzo scorso. Ieri solo la conferma. Questa la versione ufficiale. Ma la decapitazione arriva proprio dopo la denuncia-appello di alcuni candidati alle presidenze di Municipio. Sarebbero stati esclusi senza motivo, facendo ricorso proprio ai garanti per essere riammessi in partita. Malcontento che esplode oggi, ma era nato già alle parlamentarie. L’accusa frontale è di renziani e popolari.
GASBARRA - Due anime che attaccano proprio l’ala bersaniana. E sembra di rivivere le scene già viste tra il Nazareno e Montecitorio, dove si consuma lo strappo nel Pd nazionale sul capo dello Stato. In questo caos, proprio mentre si discute a Sant’Andrea delle Fratte per le consultazioni al Quirinale, prova a mettere ordine il segretario regionale. Enrico Gasbarra propone il classico armistizio, in vista delle amministrative di maggio: “Abbiamo un partito da sostenere e Marino da far vincere. Le lotte interne non possono avere spazio”.
PATANE' - Le liste verranno chiuse in tutta fretta dal presidente dell’assemblea romana, Eugenio Patane'. “Qua è tutto vuoto e quelli che ce so sembrano degli zombie. Nessuno ci sta a capi’ nulla di quello che succede”, è lo sfogo di un membro dell’assemblea romana. Mentre chi è “stato fatto fuori” invoca Gasbarra di convocare urgententemente tutte le “aree del Pd per un confronto serio per il ripristino delle regole interne".
MARINO - Il candidato sindaco del centrosinistra però dice di non temere “nessuno spostamento di voti perché mentre io sono qua a cercare di capire i problemi reali, ad esempio il perché la palestra di via Euripide è chiusa da tre anni, il sindaco Alemanno si sta preoccupando di distribuire le ultime poltrone rimaste in Ama, Atac e Eur spa”.
Nonostante il Pd sia sull’orlo di una crisi di nervi, il candidato sindaco trova la forza di scherzare: “L'arguzia dei cittadini di Roma mi ha suggerito: non é che forse Alemanno ha un contratto con il tappezziere e quindi deve distribuire molte poltrone prima di andarsene?” Lo rincuora il risultato di ieri di Debora Serracchiani, che ha vinto le regionali in Friuli. Perché la sua battaglia, per ora, non è nel Pd. È fuori, quella per “riconquistare Roma”, come dice l’ex segretario Miccoli. Che però ha perso la guida dei democratici di Roma.