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Le poltrone mancate di Andreotti§Dalla presidenza Senato al Quirinale

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È l’uomo dei record per numero di poltrone: 7 volte alla guida del governo e 22 nei ministeri. Ma tre sono quelle a cui Giulio Andreotti, il senatore e leader della Dc scomparso oggi, non è mai arrivato: Quirinale, segreteria della Democrazia cristiana, presidenza del Senato.

LA CARRIERA - Nella sua carriera politica, durata 66 anni, per Andreotti sono le tre incompiute. Le tre caselle che mancano all’album delle poltrone da presidente. Anche se per il traguardo del Colle era più vicino di quanto si potesse pensare. Più volte nel totonomi, sembrava potercela fare nel 1992, quando si doveva scegliere il successore di Francesco Cossiga. Nei primi giorni di quella che passerà alla storia come tangentopoli, il senatore lavorava alla scalata.

Da palazzo Chigi, allora era capo del governo, sperava di aver trovato gli elettori che gli avrebbero garantito la poltrona più ambita, cercando alleanze a tutto campo. La corsa coinvolgeva un altro esponente che veniva da Piazza del Gesù, sede della Dc. Era l’allora segretario Arnaldo Forlani. Il 13 maggio però iniziarono le votazione senza nessun candidato in grado di superare la soglia dei due terzi delle preferenze. Con i due esponenti della balena bianca che si indicavano a vicenda come i nomi ideali.

A quel punto fu Forlani a farsi da parte. Almeno così disse al presidente del consiglio. Gli uomini di Andreotti avevano appena iniziato i contatti per le indicazioni di voti che arriva il contr’ordine di Enzo Scotti, altro leader Dc che comunicò l’intenzione di non voler abbandonare l’idea del segretario che scala il Colle. Prima i seguaci di Andreotti fecero finta di seguire l’indicazione per Forlani. Poi in aula gli fecero mancare i 34 voti decisi eriggio del 16 maggio, il gruppo dei fedelissimi di Giulio impallinarono Forlani, al quale fecero mancare 34 decisivi voti. Impallinando il segretario Dc.

Alla guida del partito non pensò mai seriamente, o forse non ebbe mail’occasione giusta. Così si accontenta di fare il kingmaker, benedicendo o meno le candidature dei suoi colleghi di partito. Così come Andreotti non ha mai avuto la possibilità di sedere sullo scranno più alto di palazzo Madama. L’ultima volta fu candidato nel 2006 dal centrodestra, per fermare l’avanzata di Franco Marino. Ma prevalse anche stavolta un suo ex collega dello scudo crociato.


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