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Agricoltura, le cooperative che resistono§"Facilitare l'accesso al credito"

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Sforzi economici e vitalità giovanile tra credito inaccessibile e migliaia di ettari incolti. È il quadro di chi fa agricoltura nel Lazio, o meglio di tutti quei ragazzi che, afflitti dalla crisi, si rivolgono sempre più copiosamente al settore primario. Paese Sera ha provato a raccontare chi sono e cosa fanno le cooperative di giovani agricoltori. Questa la testimonianza di Giuseppe Sparvoli, presidente di Fedagri, la maggiore organizzazione settoriale dell'intera cooperazione agricola ed agroalimentare del Lazio in termini di cooperative e numero dei soci.

Quante sono le cooperative di giovani agricoltori a Roma e nel Lazio? Qual è l'età media di chi vive questo mondo?

Una domanda da cento milioni di dollari. È molto difficile rispondere, proprio perché molte di queste realtà si costituiscono, e per fortuna, al di fuori delle centrali di cooperative organizzate e della nostra attività di promozione. In un momento di difficoltà come questo sono tantissimi i giovani che pensano di rivolgersi al settore primario come occupazione principale. Parliamo di cooperative importanti, con ragazzi anche molto giovani. Venerdì, ad esempio, ne abbiamo costituita una con undici ragazzi, di cui tre agronomi. Avranno l'obiettivo di cogliere le opportunità che potrebbero arrivare a breve dalle proposte di legge presentate da Sel e dal Pd in Consiglio Regionale per l'assegnazione delle terre pubbliche ai giovani. Ci sono infatti quarantamila ettari di terre pubbliche nella nostra regione e sono quasi tutte incolte.

Quante donne, in genere, sono a capo di queste realtà?

Sicuramente molte. Stiamo ad esempio per inaugurare una cooperativa sociale di tipo B operante sulla via Cassia tutta costituita e condotta da donne.

Perché si sceglie la formula della cooperativa piuttosto che altre forme societarie?

Perché è una modalità che comporta tanti vantaggi, soprattutto economici. Non bisogna avere un grande capitale: la quota per costituirsi è minima, 25 euro. In più c'è il cosiddetto "principio della porta aperta", il quale ti permette di aggiungere soci, o eventualmente di farli uscire, senza dover ricorrere ad altre spese notarili. In una Srl ogni socio cambiato impone un atto dal notaio, dunque un costo.

E di problemi ce ne sono?

I problemi, nel caso delle cooperative di giovani rivolte all'agricoltura, sono rappresentati dal fatto che non c'è una norma certa per avere in uso i terreni. Noi proponiamo una "banca della terra", e cioè una banca delle terre pubbliche dove l'uso dei terreni deve rappresentare un onere. L'affitto o lo scambio di prodotti dovrebbe poter scattare solo dopo un anno e mezzo lo start up, in modo che i giovani non debbano spendere i soldi per quello che si rivelerebbe un vero e proprio investimento immobiliare. Devono dedicare le forze alla produzione agricola. Dopo un anno e mezzo possono invece cominciare a pagare l'affitto ai prezzi di mercato e magari conferire i prodotti a chi ne ha bisogno: ospedali, Usl, Caritas e simili.

Le cooperative resistono sul mercato? Quali politiche servirebbero per migliorarne l'attività?

Le cooperative resistono. Generalmente in tempo di crisi siamo sempre in controtendenza, cresciamo. In particolare nelle aree metropolitane, soprattutto a Milano e a Roma. Ovviamente oggi abbiamo difficoltà anche noi. Questa crisi è profonda e strutturale. Abbiamo quindi bisogno di accesso al credito. È vero che puoi partire con le risorse umane, col tuo patrimonio personale, ma le attrezzature di lavoro costano e con le start up è difficilissimo ottenere del credito.


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