Il Teatro di Roma presenta la nuova stagione, l’ultima – salvo rinnovo – firmata da Gabriele Lavia, la cui carica di direttore è in scadenza a dicembre. Ed è una stagione che prosegue, fa piacere constatarlo, con la linea di commistione tra i mondi teatrali inaugurata non molto tempo fa. Uno dei mali storici del teatro pubblico, in Italia, è stato quello di proseguire per la sua strada senza curarsi di ciò che cresceva attorno, a livello di teatro di ricerca, teatro d’arte e (in parte minore) rispetto alla scena internazionale. Oggi però a Roma la rotta sembra invertita, ad esempio grazie alla ormai consolidata collaborazione con il Romaeuropa Festival stretta dallo stabile capitolino – che quest’anno porterà nella nostra città un big della scena europea come Thomas Ostermeier (in scena da 24 al 27 ottobre con «Hedda Gabler» di Ibsen), mentre Romeo Castellucci sarà presente con «Four season restaurant» dal 30 ottobre al 3 novembre, spettacolo ispirato a Holderlin e approdato finora solo ai palchi tedeschi. Anche la stessa apertura, dedicata all’antica arte giapponese del Bunraku e organizzata assieme all’istituto di cultura giapponese (4 e 5 ottobre), ha un sapore internazionale, per quanto in questo rivolto alla tradizione anziché alla contemporaneità.
Ibsenè anche al centro della nuova produzione del Teatro di Roma, con Gabriele Lavia regista e interprete de «I pilastri della società», che sarà in scena dal 20 novembre al 22 dicembre. Ed è proprio sul fronte produttivo che si nota un segno incoraggiante: il sostegno garantito a vari livelli a cinque delle compagnie coinvolte in «Perdutamente», la factory che lo scorso dicembre ha riunito al Teatro India diciotto formazioni della scena emergente, un progetto di apertura alla ricerca e alle nuove generazioni che trova una sua salutare continuazione al Teatro Argentina nella nuova stagione. La prima, in ordine di tempo, è «Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni» di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, ispirato all’opera dello scrittore greco Petros Markaris, uno spettacolo che ragiona attorno alla crisi economica e che debutterà nell’ambito del Romaeuropa Festival (7-10 novembre), che ne sostiene la produzione. Verso Natale sarà la volte del Teatro delle Apparizioni, con un’«Alice» dove alla regia di Fabrizio Pallara si affianca la drammaturgia di Simona Gambaro (26-29 dicembre). Particolarmente apprezzabile è la presenza di MK, la formazione capitanata da Michele Di Stefano, che grazie al sostegno del Mibac crea una crepa nel muro alzato dalla stabilità pubblica verso la danza contemporanea – che in quanto non riconducibile alla “prosa” incontra serie difficoltà nell’essere inserita nei cartelloni. «Robinson» prosegue la fortunata ricerca di MK attorno all’esotismo e al romanzo d’avventura, dopo «Il giro del mondo in 80 giorni» e «Impressions d’Afrique» (sarà in scena dal 6 al 9 febbraio). Verso la fine della stagione sarà invece la volta di Lisa Ferlazzo Natoli, che dirige il «Lear» di Edward Bond, un’operazione attraverso cui il drammaturgo inglese ha riletto il classico shakespeariano (15-18 maggio). Infine, dal 5 all’8 giugno, andrà in scena l’«Amleto» diretto da Andrea Baracco, che vede la collaborazione di ben tre dei gruppi artistici presenti a Perdutamente: oltre al regista c’è Francesca Macrì di Biancofango nel ruolo di dramaturg e Roberta Zanardo e Luca Brinchi dei Santasangre che cureranno l’impianto scenico dello spettacolo.
Mentre sul fronte del teatro più popolare spicca il nome di Marco Paolini, in scena con «Ballata di uomini e cani» (dal 21 gennaio al 2 febbraio), è ancora una salutare sinergia tra le strutture a portare nella nostra città alcuni nomi di assoluto rilievo tra i registi del nostro paese e non. Il dialogo con Emilia-Romagna Teatri (ERT) ha portato alla realizzazione di un progetto particolarissimo, «Il Ratto di Europa» di Claudio Longhi, prodotto dal Teatro di Roma. Si tratta di un progetto multiculturale attorno all’identità europea e alla sua perdita che ha costruito una sua drammaturgia attorno a una serie di incontri artistici con gruppi di cittadini tra Roma e Modena, strutturati come un’inchiesta attorno alle radici culturali e storiche del nostro continente. Sul fronte delle ospitalità, invece, troviamo «Orchidee» di Pippo Delbono, che sarà in scena dal 7 al 19 gennaio.
Ancora con la Fondazione Romaeuropa, nella veste stavolta di direttrice artistica del Teatro Palladium, troviamo un progetto di delocalizzazione che porterà nello spazio di Garbatella di nomi di grande profilo: con «Il Teatro di Roma al Teatro Palladium» avremo modo di vedere «Il ritorno a casa» di Pinter diretto da Peter Stein (14-26 gennaio) e «Journal d’un corps» di e con Daniel Pennac (19-23 marzo).
Sempre sul fronte del teatro di regia, che è la grammatica più abituale del teatro pubblico, troviamo comunque alcuni tra i nomi più importati della scena nostrana, dal maestro Luca Ronconi, che torna all’Argentina con un adattamento dal romanzo di Witold Gombrowicz«Pornografia», sostenuto dal Piccolo di Milano (8-17 aprile), ad Antonio Latella, autore di un mastodontico adattamento di “Via col vento” in chiave teatrale, anche questo sostenuto dall’ERT: «Francamente me ne infischio» è un progetto in cinque movimenti ispirati all’opera di Margaret Mitchell, e sarà in scena in data unica il 5 gennaio. A sostenere il «Riccardo III» per la regia di Alessandro Gassmann, invece, ci sono lo Stabile del Veneto – da lui stesso diretto – e lo Stabile di Torino: il testo shakespeariano è adattato e tradotto dallo scrittore Vitaliano Trevisan e sarà in scena dal 25 marzo al 6 aprile. (Per visionare per intero il cartellone del Teatro Argentina vi rimandiamo al sito dello Stabile: www.teatrodiroma.net).