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Comunali, ecco come nella Capitale dei clan§l'antimafia sparisce dalla campagna elettorale

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Dire che la parola mafia nel suo programma non c'è sarebbe dire il falso. Perché nelle 111 pagine del documento con cui Gianni Alemanno si presenta davanti agli elettori la parola c'è. Sta a pagina 61, in questa frase: “Faranno presto parte del sistema" dei teatri "anche le Scuderie della Casa dei Teatri a Villa Pamphilj, il teatro di Villa Torlonia e la ex bisca di via Barbana, luogo confiscato alla mafia”. Una buona notizia, parrebbe: se un'amministrazione utilizza i beni a fini sociali e culturali c'è da essere felici, vuol dire che ha colto il senso del suo amministrare contro i clan. Invece, purtroppo, è solo un caso. La parola mafia scorrendo il resto del documento non compare mai più. Men che meno compaiono le politiche antimafia: così s'è occupato della sicurezza e delle libertà dei romani in questi cinque anni Gianni Alemanno, così vorrebbe continuare a occuparsene per i prossimi cinque.

Non è il solo, però. Sul tema mafie (e antimafia), il sindaco uscente è in buona compagnia: vanno male, malissimo, infatti, a giudicare dai programmi anche gli altri candidati, da Alfio Marchini a Sandro Medici fino a Marcello De Vito e Alessandro Bianchi: i loro programmi, e la loro campagna, hanno mostrato un'attenzione del tutto insufficiente alle politiche antimafia. Più strutturato appare il ragionamento contenuto nel programma di Ignazio Marino, anche se neppure per lui il tema è stato centrale in campagna elettorale.

Complessivamente, insomma - e con diverse sfumature - di mafie, antimafia e criminalità organizzata in questa città si continua a parlare poco e male. Quasi a considerare la lotta ai clan un orpello buono per le retoriche da ricorrenza e poco più. Così appare dall'analisi dei programmi elettorali, dalle cronache di questa campagna, dalle interviste che i principali candidati a sindaco (Alemanno ha preferito non rispondere) hanno dato al nostro giornale.

Un fatto grave, sul qual quale ci piacerebbe essere smentiti, per molte ragioni. Due in particolare: la prima è strutturale e ha a che fare con il radicamento delle mafie nella nostra città (a cui non corrisponde una consapevolezza adeguata), la seconda è politica e riguarda lo scenario nazionale (vedi legge sulla corruzione e proposta indecente di dimezzare le pene per il concorso esterno in associazione mafiosa).

Ecco, candidato per candidato, l'analisi del programma sulle mafie. E qui invece le interviste da scaricare.

alemanno guarda in basso

ALEMANNO E LA CITTA' DELLE ORDINANZE – Di Gianni Alemanno, ormai, si sa tutto: in questi anni ha dimostrato chiaramente come la pensa sulla sicurezza. “Incidenti” di percorso a parte (capitati a suoi amici, collaboratori e sodali politici di cui Paese Sera ha scritto per due anni), Alemanno in questa campagna ha confermato l'impostazione di sempre. Lo si capisce immediatamente sfogliando il libro del programma nel quale dedica un capitolo intero alla sicurezza, tema caldo per la retorica (e i successi) del sindaco. Si intitola “Roma città sicura. Regole, legalità e certezza della pena”: non una frase è dedicata ai clan che stanno aggredendo la città, quella economica e quella sociale, non una parola è riservata alle bande criminali che trafficano e spacciano droga. Segno che la strategia del sindaco – voluta o casuale, consigliata o decisa che sia – prevede la rimozione del problema mafia, del problema criminalità organizzata (citata appena tre volte). Come se fingere di non vedere possa cancellare la gravità della situazione. Eppure il capitolo sicurezza, “sin dal suo insediamento”, per l’Amministrazione Alemanno è stata identificata come “una priorità, uno di quegli elementi imprescindibili, senza i quali non vi è né libertà né possibilità di crescita e di sviluppo”, si legge. È la declinazione della sicurezza a essere improbabile per Roma se è vero come è vero che ha come ossatura le ordinanze del sindaco degli ultimi anni. Questo l'elenco contenuto nel programma: Antiprostituzione, Antibivacco, Antiwriter, Antivolantinaggio, Contro il commercio abusivo, Sull’abbandono di rifiuti in strada, sulla mancata raccolta di escrementi degli animali domestici, sulla pulizia delle aree degli esercizi pubblici e sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi. Un impianto che si conferma con l'annuncio, scritto anche questo nero su bianco, dell'avvio della “raccolta di firme nel mese di aprile 2013” alcuni progetti di legge di iniziativa popolare al fine di: “Attribuire ai sindaci poteri in materia di sicurezza urbano. Divieto di esercitare la prostituzione nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e divieto di adescamento nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Introduzione del reato di vagabondaggio e di accampamento abusivo. Introdurre il reato di commercio abusivo con occupazione di suolo pubblico”.
A proposito invece dei reati economici e della criminalità, spiega: “Roma Capitale deve rivolgere una grande attenzione nel contrastare di ogni tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto della nostra città. In particolare, sul versante economico occorre implementare la collaborazione con la Camera di commercio e con la Prefettura per monitorare l’eventuale presenza di capitali mafiosi. Stessa attenzione va posta per il controllo della legalità nella P.A. e negli appalti”. Questa è la “Roma sicura” per Alemanno.

marino

MARINO: UN DELEGATO CONTRO LE MAFIE – Di tutt'altro tenore il programma sui clan del candidato del centrosinistra Ignazio Marino. Che propone alcune idee fondamentali: la prima è che “sicurezza per Roma Capitale è soprattutto lotta al degrado urbano”, la seconda è che in questi anni “si è ampiamente sottovalutato il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico della città”, la terza è la proposta di “coordinamento tra le forze in campo e una politica integrata di sicurezza urbana”, la quarta è “maggiore coinvolgimento delle associazioni di territorio”, la quinta è l'importanza “di rendere “visibile” l’impegno di Roma contro le infiltrazioni e il radicamento della criminalità organizzata. Il tema non può più essere minimizzato e sottovalutato”. Queste poi, nello specifico, le proposte contenute nel programma legate alle mafie nel capitolo intitolato: “Roma per la legalità, Capitale contro le mafie”: “Delegato del sindaco per la lotta alle mafie. Con il compito di coordinare e attivare specifiche politiche per la legalità” (che è un superamento dell'idea logora del delegato alla sicurezza di Alemanno, ma lascia intendere l'esclusione dell'idea di un assessorato o di una struttura ad hoc), l'Osservatorio sui passaggi di proprietà delle imprese. Da istituire presso la Camera di Commercio, forme avanzate di controllo e di trasparenza nell’ambito delle gare per gli appalti (che però non vengono specificate), “valorizzazione – termine che tuttavia andrebbe meglio specificato - dei beni sequestrati alle mafie”. Una questione “da affiancare alla promozione di una cultura antimafia nella nostra città da portare avanti attraverso progetti educativi nelle scuole, eventi culturali e con la costruzione di reti civiche con le associazioni di volontariato, le imprese, le parrocchie, le scuole e i sindacati”. Anche Marino, come Alemanno, promette giustamente sostegno alle vittime dell'usura (una delle grandi piaghe della città). Certamente un significativo passo in avanti rispetto ad Alemanno e anche rispetto al lavoro messo in campo dai partiti della coalizione che – salvo singole eccezioni – hanno rimosso dalla loro battaglia politica. Non abbastanza, se pensiamo a come il tema sia rimasto sullo sfondo della sua proposta elettorale.

Marcello De Vito

DE VITO CONCENTRATO CONTRO LE OCCUPAZIONI - Neppure una riga in tutto il programma è invece dedicata alle mafie e alla criminalità dal candidato del Movimento 5 Stelle Marcello De Vito, evidentemente troppo impegnato nella richiesta petulante e anche un po' goffa di legalizzare realtà come le occupazioni del Teatro Valle e del Cinema Palazzo che in questi anni hanno rappresentato dei punti di riferimento sociale e che – nel caso del Cinema Palazzo – svolgono un ruolo importante nel contrasto al gioco d'azzardo, legale e illegale. È per questo, forse, che De Vito è stato presto soprannominato “l'avvocato delle leggi-ordine” sul blog romano di Beppe Grillo.

Alfio Marchini

ALFIO MARCHINI NE PARLA PER PRIMO MA NON NE SCRIVE – Non una riga dedicata alle mafie e alla criminalità neppure nel programma del candidato civico Alfio Marchini che sottolinea la sua attenzione sulla necessità di “un'Amministrazione semplice e trasparente” che chiuda le porte al “consociativismo” dei partiti. E che pure, nell'intervista a Paese Sera, sottolinea il fatto di essere stato tra i pochi a parlare di mafie in città.

SANDRO MEDICI – Sul sito del candidato della sinistra Sandro Medici non c'è traccia di mafia e di criminalità organizzata. Un unico riferimento l'ex presidente del decimo municipio lo fa con una nota che commenta la puntata di Report dedicata alle mafie a Roma. “Sembra Romanzo criminale – commenta Medici - invece racconta la nostra città, la relazione tra appalti, tangenti e amministrazione; il legame tra le mafie romane e gli ambienti dell’eversione nera”.

sandro-medici

E questa è l'occasione per fare un sunto delle principali tematiche emerse dall'inchiesta: “Gli immobili dismessi e svenduti per favorire interessi oscuri; la criminalità che investe nella ristorazione e non c'è crisi che tenga; i subappalti per la metro C infiltrati dalle mafie; la nuova banda della Magliana che entra negli affari più ghiotti; i debiti milionari delle municipalizzate; lo scandalo delle tangenti sui filobus”. E ancora: “Abbiamo un intero sistema di interessi, lobby e poteri da scardinare e non ci sono compromessi che potremo accettare". Non si tratta solo di puntare il dito contro il sindaco delle destre e contro le tangenti, “moltissime sono le responsabilità di chi ha inventato il modello Roma” delle passate giunte di centrosinistra, in particolare sui temi urbanistici, suoi consulenti incaricati, sui dirigenti politici e sui funzionari comunali. E spiega Medici: “Non si tratta solo di corruzione e di mala-gestione, ma delle conseguenze di una cultura che al primo posto mette la supremazia del privato e l'annientamento dei beni comuni”. Neppure una parola però su cosa mettere in campo per farsi carico di queste emergenze diventate strutturali.

Alessandro Bianchi

ALESSANDRO BIANCHI – Anche Alessandro Bianchi e il suo Progetto Roma non concentrano la loro attenzione sul tema delle mafie. L'ex ministro sottolinea tuttavia che il suo programma “muove dalla constatazione del continuo incremento della piccola e grande criminalità che si sta verificando a Roma negli anni più recenti”. Sottolinea che si tratta di competenze “perlopiù statali”, ma spiega che il Comune “deve collaborare curando soprattutto la vigilanza di quegli spazi urbani che sono spesso luoghi privilegiati della piccola criminalità”. E che deve “costruire luoghi e occasioni d’incontro” perché “la mancanza di sicurezza risente soprattutto della mancata percezione che si tratta di una questione da affrontare sul terreno culturale e sociale. Pertanto la sicurezza, soprattutto nelle periferie e nelle zone di degrado, va costruita attraverso interventi mirati alla rivitalizzazione degli spazi pubblici”.

LA SOTTOVALUTAZIONE – La questione delle mafie e della criminalità organizzata mai in questi anni è stata una priorità per la politica e per le forze sociali. A parte alcuni singoli personaggi (dentro il Pd e Sel, dentro la Cgil) e alcune iniziative (gli stati generali della Legalità della Cgil e il libro bianco del Pd), non si può dire che la politica abbia presente quale sia il grado di radicamento delle cosche sul territorio della Capitale. Un radicamento già presente all'inizio degli anni Novanta, come scriveva già la commissione parlamentare antimafia guidata da Gerardo Chiaromonte nella sua relazione del 1991 (un'analisi purtroppo rimasta insuperata, nonostante il lavoro di tutte le altre commissioni) e che è ben più avanti anche rispetto ad alcune posizioni espresse nel corso del tempo da rappresentanti istituzionali, tra cui quella del prefetto Pecoraro. Questa campagna elettorale conferma in pieno questo trend di sottovalutazione che riguarda i candidati a sindaco e la quasi totalità dei consiglieri comunali. E poco importa se le indagini, sempre di più, confermano il radicamento dei clan di 'ndrangheta, camorra e cosa nostra in città, se le mafie straniere hanno trovato qui il loro eden, se il mercato della droga è fiorente più che mai e causa omicidi e ferimenti in quantità, se l'economia e il mondo delle professioni strizzano l'occhio agli uomini dei clan, se gli esercizi commerciali parlano sempre più spesso la lingua del malaffare, se Roma detiene il record delle operazioni bancarie sospette, se la Capitale è un centro nevralgico per il riciclaggio del denaro sporco. La politica non ne parla abbastanza, quando ne parla ne parla in maniera distratta e superficiale, mettendo insieme pochi e confusi elementi.

LA FORMA E LA SOSTANZA - Un tentativo in una direzione diversa lo aveva fatto nella sua campagna elettorale per le Regionali Nicola Zingaretti con un programma dettagliato e, soprattutto, con due affermazioni di principio. La prima è che la scelta del contrasto ai clan viene considerata un “prerequisito fondamentale per uscire dalla crisi economica e per promuovere uno sviluppo economico sostenibile, sano e inclusivo”, la seconda è che viene assunta come “primo impegno” “l'affermazione di principio” che bisogna lavorare “contro il radicamento della criminalità nel tessuto socioeconomico del Lazio”. Sembrano forma, ma se diventano base per l'azione politica possono diventare sostanza.


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