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Marino: "Serracchiani e Renzi§per la segreteria del Pd"

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I suoi nomi in pole per il congresso del Pd? Il sindaco di Firenze Matteo Renzi e la neo-governatrice del Friuli Debora Serracchiani. Lo rivela Ignazio Marino, candidato sindaco del centrosinistra, in colloquio a l’Espresso, in edicola da domani. Profili lanciati per la corsa alla segreteria dei democratici anche se giudica positiva la scelta di Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, come il traghettatore dei democratici.

IL SINDACO DI FIRENZE - “Oggi come oggi appoggerei Renzi, così capace da ottenere alle primarie il 40 per cento del consenso pur avendo contro una parte significativa dell’apparato più organizzato del partito”, spiega Marino. Che aggiunge: “Matteo rappresenta la fine di una fase storica che si deve chiudere”.

UNA DONNA SEGRETARIO? - L’ex senatore non rinuncia all’idea di una donna alla guida del Pd. “Mi piacerebbe anche la Serracchiani, unico handicap essere appena stata eletta alla presidenza del Friuli”. Il motivo? “Conosce l'organizzazione di un partito e ha la carica di umanità e freschezza – spiega –. E' ora di andare oltre i leader che appartengono al Novecento”.

"BENE EPIFANI" - Positivo anche il giudizio su Epifani. “Si è messo subito al lavoro per ricompattare il Pd intorno ai temi che contano davvero: lavoro, casa, diritti”, continua il candidato sindaco del centrosinistra. “Sta percorrendo la strada che l'elettorato, anche il più allargato, si aspetta dal maggior partito di centrosinistra”.

LA RIVELAZIONE - Poi svela che “prima di essere eletto, mi ha detto: “Roma è una sfida centrale non per te Marino, ma per me Epifani. Ventiquattrore dopo eravamo a casa sua per definire la strategia. E' riuscito a rimotivare tutto il gruppo dirigente che ha cominciato a spendersi per me, David Sassoli, Paolo Gentiloni, Silvia Costa..”.

IL FUTURO - Infine uno sguardo sul futuro. Si salveranno i democratici? Solo “cercando di risolvere i problemi delle persone – risponde –. Introducendo prima di tutto al suo interno la cultura del merito e della competenza”. Ma, soprattutto, “smettendo di litigare”.


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