Dopo due mesi ci riprovano. E tentano di togliersi di dosso quel nome che li ha fatti conoscere all’opinione pubblica, ma che oggi non gli piace più: “Forconi”. Perché “noi siamo il popolo italiano", dicono. Oggi torna a Roma il 'Coordinamento 9 dicembre-Associazione resistenza italiana' e, anche se prova a cambiare sigla, gli slogan sono quelli di sempre: "Resistere a oltranza per difendere la Costituzione". L’obiettivo del comitato formato da autotrasportatori e agricoltori, appoggiato da cittadini, disoccupati, precari, ambulanti, è di mandare a casa "la classe politica corrotta". Per questo da due notti un gruppo di militanti è in presidio a piazzale dei Partigiani, di fronte alla stazione Ostiense. Da qui partirà un corteo "autorizzato dalle forze dell'ordine"; ma è solo un modo per scaldare i motori, perché i manifestanti si dicono pronti a raggiungere anche il Parlamento. È l’ala più radiale del coordinamento, quella che fa capo all'agricoltore pontino Danilo Calvani e che preferì scegliere una strada diversa dalla corrente 'moderata' guidata dal siciliano Mariano Ferro. Le reciproche delegittimazioni spaccarono il movimento e decretarono il fallimento della manifestazione nazionale.
GLI SLOGAN DEL PRESIDIO - Quei giorni, però, nella mente di chi è corso a Roma, sono lontani e tornano in piazza i tricolori, gli articoli della Costituzione, slogan contro il governo "che deve dimettersi subito", ma anche un 'Bruciamo Montecitorio'. E come sempre non manca qualche braccio teso, in contrasto con il pacifismo e la verginità politica sempre dichiarati e rivendicati dal movimento. I primi ex-Forconi sono arrivati nella Capitale al termine di quello che hanno definito come 'cammino della libertà', partito quasi un mese fa da tutto il Paese e avevano montato una capanna-presidio in legno e tela blu, circondata da una decina di tende a igloo. Da rimuovere però, visto che solo il presidio è autorizzato ma non l'accampamento. Immediata la reazione di Calvani, che si scaglia contro il Campidoglio: "Questa manifestazione era stata preavvisata da un mese - ha detto - avevamo detto che sarebbero arrivate migliaia di persone, abbiamo protocollato tutto. Ma il Comune di Roma, questa classe politica, se ne infischia di assistere gli italiani. Ci stanno sabotando".
LE RIVENDICAZIONI - In piazza le stesse richieste e lamentelE. C’è chi racconta di avere "cinque figli e di non poter pagare l'affitto ", ci sono anche il disoccupato e il cassintegrato. Tutti convinti che per uscire dalla crisi ci sia un’unica soluzione: un taglio netto con il passato. Chiedono indietro i soldi “rubati” dai politici. Calvani è convinto che lo scorso 9 dicembre è iniziata "una rivoluzione etico-culturale italiana, pacifica e non violenta". E ne parla con orgoglio, rivendicando il successo, anche se al presidio di piazza del Popolo la partecipazione fu molto ridotta rispetto alle aspettative del coordinamento, l'organismo che riuniva al proprio interno tutte le correnti del movimento dei forconi. Allora si attendevano almeno 15mila persone, ma i manifestanti non arrivarono a 3mila. La giustificazione del leader pontino: “Molti treni non sono arrivati perché rotti”. Anche se i numeri così bassi certificavano il fallimento di un’iniziativa, dovuta anche alla spaccatura interna. Faglia in cui provano ad inserirsi alcune centinaia di persone di Casapound, i ‘fascisti del terzo millennio’ che ai presidi non fanno mai mancare le bandiere tricolore.
A CASA I MODERATI - Mentre preferì farsi da parte la linea più conciliante guidata da Mariano Ferro, il capo dei forconi siciliani e Lucio Chiavegato, presidente di Life, Liberi imprenditori federalisti europei, che si erano detti disponibile a mediare con l'esecutivo per vedere riconosciute le proprie richieste. Entrambi rinunciarono temendo la possibilità di infiltrazioni nel movimento che potrebbero rovinare la protesta, annunciata pacifica, degli altri dimostranti. Calvani non si preoccupa di una parte di quella destra sociale che prova a mettere il cappello sulla protesta. E parla di "una classe politica degenerata. Stiamo combattendo per la nostra sovranità, vogliamo il rispetto della Costituzione: questa non è eversione. E' un colpo di Stato contro i cittadini italiani se ci mandano l’esercito contro. Abbiamo diritto di esprimere la nostra rabbia, decideremo come".