Visionario, poetico e fuori da ogni schema, il trentenne cantautore napoletano, ma di casa a Roma, racconta a Paese Sera il suo secondo audacissimo disco, "Il mondo è come te lo metti in testa", registrato in presa diretta e in duo con Marco Buccelli. Un diario personale che parla "delle piccole cose, delle differenze tra noi e gli altri, delle cose che ci vergognamo di ammettere perché ci sembrano troppo strane o meschine".
Qual è stato il percorso artistico che ti ha portato a questo secondo disco? Da quale "urgenza" nasce?
L'urgenza maggiore, dopo il mio esordio, era quella di eliminare i formalismi da quello che scrivevo e da come lo porgevo agli altri. Questo ha inciso su tutti gli aspetti del progetto: dalla scrittura al modo di cantare. Non la considero l'unica via, ma mi sono reso conto che, almeno in questo momento, mi interessa che ciò che faccio abbia una forte connotazione di autenticità. Una cosa che appare autentica il più delle volte porta in sé anche elementi di imperfezione, di irregolarità, che spesso tendevo a censurare quando mi mettevo a scrivere o registrare, finendo poi per trovarti come quando ti metti il vestito buono per un'occasione particolare, ma alla fine non ti senti a tuo agio. Così, stavolta, ho provato a metterle in campo, queste irregolarità, e a farle coesistere con l'imprescindibile dose di studio e artificio che c'è quando cerchi di comunicare con gli altri.
"Il mondo è come te lo metti in testa" può essere un titolo manifesto?
Sicuramente. Per me vuol dire che non c'è un modo unico per rappresentare, concepire e vivere la realtà. Detto così, sembra chissà quale verità rivelata, ma è qualcosa che constatiamo tutti quotidianamente: nelle piccole cose, nelle differenze tra noi e gli altri, nelle cose che ci vergogniamo di ammettere perché ci sembrano troppo strane o meschine. E' questo ho provato a rappresentare nel disco.
Come possiamo definire lo stile di questo lavoro così particolare e lontano dalle definizione di genere? Lo-fi? Intimista? Istintivo / ragionato?
Tutti aggettivi che mi sento addosso. Mi sembra logica anche l'associazione tra istintivo e ragionato: per trasmettere istintività ci vuole una gran dose di ragionamento che faccia da mediazione, altrimenti l'istinto si tramuta in atto fisico, non in una canzone. Altra associazione utilizzabile è punk / poetico. Mi piace particolarmente: è bello che possano coesistere questi due aggettivi nel definire una stessa cosa.
Il tuo universo può essere rappresentativo della tua generazione? La chiusura dell'album affidata alle considerazioni di tre amici davanti a un tramonto mi sembra indicativa...
Sì, è un episodio realmente accaduto che ho subito pensato andasse raccontato per tutto quello che sintetizzava. Non saprei se sono rappresentativo di una generazione: ultimamente ho ascoltato molto Bennato e Gaber e sono rimasto impressionato da quanto quello che hanno scritto sia attuale, come anche moltissimi altri artisti. L'interesse per certi temi non si esaurisce certo nel giro di una generazione. Quello che scrivo un giorno si potrà connettere anche con la capoccia di un nipotino. Insomma, mi fa molto piacere se uno di questa generazione si sente rappresentato da ciò che scrivo, ma sospetto che le cose che realmente rappresentano una generazione specifica abbiano più a che fare con il costume che con l'arte. E probabilmente perdono di senso una volta che quella generazione ha passato la mano.
Comunque è un disco con più domande che risposte.
Per fortuna, direi proprio di sì.
Parlaci della scelta di registrare in presa diretta e senza sovraincisioni e della tua collaborazione con Marco Buccelli alla batteria.
Questa modalità di registrazione deriva dalla stessa esigenza che raccontavo prima: cioè di presentarsi nella maniera meno costruita possibile. Marco Buccelli e io suoniamo così, le canzoni sono queste qui, se vieni ad un concerto trovi questa cosa qui. Senza nazismi: è una scelta che ha riguardato questo disco, non è detto che il prossimo sarà così. Riguardo Marco, suono e collaboro con lui da più di dieci anni e da alcuni anni i nostri concerti sono in duo. All'inizio è stato un esperimento dettato da necessità pratico/economiche, ma abbastanza in fretta ci siamo accorti che questa scelta offre alle canzoni la nudità che cercavamo, dando molto più spazio per il tipo di performance, piuttosto teatrale, che portiamo sul palco. Marco è anche coproduttore di questo disco: tutte le scelte artistiche sono state fatte insieme a lui e in più è stato fondamentale per interfacciarci con Ivan Antonio Rossi, che ha registrato e missato l'album, e per la scrittura delle canzoni.
Nato a Napoli e residente a Roma, come queste due anime si intrecciano nella tua professione?
La mia idea è che Napoli e Roma non siano due città particolarmente differenti per l'influenza che possono esercitare su una formazione professionale: sono comunque - nel bene e nel male - due città del Sud (anche se Roma è più occidentalizzata), e chi lavora nel Sud sa cosa intendo. Le associo a due fasi della mia vita: gioventù e (parziale) maturità, con tutti gli annessi e connessi (piacevoli e dolorosi) del caso. Sono venuto a Roma perché volevo vivere per gli affari miei, e aveva più senso farlo in un'altra città. Su come la vivo, ci sarebbe da scrivere troppo, anche perché non mi è ancora chiaro se certi problemi che ho con Roma non siano piuttosto problemi con la vita adulta. Quello che mi salva è: Roma è tanto più grande di Napoli e ci sono molti più posti dove suonare. Un primato che Roma vanta su tutta l'Italia, utile per verificare l'effetto di quello che scrivi sulla gente più che sui discografici. E poi, è la città dove vivo da dieci anni, magari la snobbo un po', ma questo disco parla molto della mia vita qui.
Quali sono i prossimi impegni?
Sarò il 29 Marzo a Le Mura. I concerti di quest'ultimo periodo raccontano il disco appena uscito e - come da disco - suono in duo. Mi capita anche di fare concerti in solo: il 14 Aprile sarò ospite della Rocksteria, sempre a San Lorenzo. Con Francesco Lettieri, che ha firmato la regia del videoclip di "Nessuno" (il primo singolo) stiamo ultimando le riprese del prossimo video, che uscirà ad aprile: non vediamo l'ora. In quest'ultimo mese ho cominciato a ragionare su un'idea per il prossimo lavoro: è una cosa sulla quale voglio lavorare da qualche anno, spero sia la volta buona.