Progetto musicale dalle tinte new wave, tra chitarre e sintetizzatori, il disco d'esordio "Runners" dei romani Jaguanera parte dalla scena underground capitolina e mira a una ribalta internazionale (cantando in inglese). Con due date in aprile e un occhio al palco del Primo Maggio, Renzo "Renman" Possanzini e Andrea Benassai raccontano a Paese Sera la loro appassionata avventura rock.
Il nome e il progetto Jaguanera hanno un respiro e un'ambizione internazionale. Qual è stato il percorso artistico che vi ha portato sin qui?
Ci siamo conosciuti ai tempi del liceo: compagni di banco, abbiamo subito condiviso la nostra passione per la musica. La prima band che ci fece impazzire ai tempi erano gli U2, da "War" fino a "Zooropa". Stavamo sempre a canticchiare le loro canzoni. Io (Renzo, ndr) uscivo dagli studi classici di pianoforte e mi stavo approcciando alla chitarra, Andrea aveva una voce notevole e gli piaceva cantare. Da lì iniziammo a strimpellare qualche cover, poi la cosa ci prese la mano e formammo varie band al liceo. E non abbiamo più smesso: abbiamo messo su una tribute band dei Red Hot Chili Peppers, i Funky Monks, dal 2001 al 2009, e ci siamo esibiti nei locali di Roma e dintorni. Abbiamo sempre spaziato molto nei generi musicali, ci è sempre piaciuto il rock di derivazione british o quello Usa, la classica, il pop, il cantautorato italiano e straniero, la musica black, dal soul all'hip hop al pop, l'elettronica (soprattutto francese) ed alcuni tipi di dance. Senza contare tutti i maggiori artisti degli anni 80, da Gazebo agli Industry, e tutti gli italiani. Insomma, il "respiro internazionale" è davvero ampio e variegato e si riflette sulla nostra musica.
Il mix sonoro presente in "Runners" è frutto delle rispettive inclinazioni dei membri della band?
Io (Renzo, ndr) e Andrea abbiamo "frullato" i nostri ingredienti musicali con il cuore e con la mente, secondo quello che ci emoziona e ci piace, il resto non ci interessa, nè le classificazioni che la gente può dare al nostro lavoro. Ci piace sapere se una nostra canzone possa aver fatto emozionare anche una sola persona, giovane o meno giovane che sia. A noi due si aggiunge Luigi Leoni per le registrazioni, che ha dato un grande apporto con la sua sensibilità artistica e la sua professionalità, nonché due grandi amici: Mattia Settimelli, che ha composto qualche pezzo con noi e ha "prestato" la sua voce nelle parti rappate di "Brother" e di "Waitin' in Vain", e Giuseppe Borrelli che ha registrato le batterie acustiche dell'album. Attualmente si è unito alla band Amedeo Rizzacasa alla batteria: con lui i nostri live con lui sono veramente potenti.
A quando risale la scenta di cantare in inglese?
E' nata in conseguenza delle nostre inclinazioni musicali e sulla base di un preciso obiettivo: il mercato estero. Da una parte pensiamo che la lingua inglese sia più "smart" (facile) dal punto di vista della comunicazione di un concetto: è molto musicale e quella che più si adatta al nostro electro rock. Con l'inglese puoi esprimere un concetto anche profondo, senza addentrarti troppo nei problemi stilistici e grammaticali che la lingua italiana può comportare. E puoi avere l'occasione di proporre un tuo concetto, un messaggio, a tutto il mondo, cosa che con l'italiano non può avvenire. Siamo consapevoli che il mercato estero è una sfida più difficile dell'Italia, ma è un rischio che abbiamo messo in conto. Ciò non toglie che in futuro potremmo anche "sperimentare" qualcosa in italiano, ma vogliamo uscire fuori da nostri confini e vedere se e come verrà percepita la nostra musica.
Il titolo scelto è "Runners", perché?
Il titolo dell’album è nato una sera dopo una cena a casa del nostro chitarrista. Dopo aver ragionato e buttato giù un po’ di idee abbiamo deciso di propendere per una parola unica, secca. Ci piaceva l’idea del movimento che pensiamo trasmetta il disco in molte sue parti. Da qui il nome "Runners" che si sposava benissimo anche con l’artwork del disco.
Veniamo alla città di Roma, come considerate la situazione musicale oggi?
Roma negli ultimi anni ha vissuto un periodo difficile per la musica live e in particolar modo nel circuito dell’underground. Molti locali sono ancorati al concetto "serata cover" e quindi c’è sempre meno spazio per le realtà, molteplici e validissime, che navigano nell’undeground. Si parte dal concetto “quanta gente mi porti” o “avete un seguito” fino a dire "il vostro cachet dipende da come riesce la serata”. Concetti tristi del fare “arte” e del business che sono lontani e differenti da modo di pensare di altri Paesi europei, come Uk o Scandinavia, dove l’artista ha l’opportunità di esibirsi e proporsi al pubblico a prescindere da aspetti economici: vale per ciò che propone. Attualmente, sia per opportunità di produzione musicale che live, Roma è molto indietro, anche se stiamo iniziando a vedere nascere nuove realtà interessanti, dove la proposta musicale è slegata al vecchio concetto di live. Per esempio, durante aperitivi, set acustici, esibizioni con video installazioni, musica ed immagini per creare atmosfere nuove, diffrerenti dal solito concerto. Poi è ovvio, che Roma è sempre Roma: nonostante i suoi innumerevoli difetti, le siamo profondamente legati.
E quanto c'è di Roma in questo disco?
In questo disco c’è molto di Roma, soprattutto di Monteverde, dalla sala prove in cui abbiamo iniziato a suonare alla location dove abbiamo scattato le prime foto contenute nell'album (un vecchio deposito delle Ferrovie dello Stato), fino alle nostre rispettive abitazioni, dove sono nati la maggior parte dei pezzi e ci siamo pian piano attrezzati a trasformarle in piccoli studi di registrazione.
Quali sono le vostre prossime date live e i futuri impegni?
Suoneremo il 21 aprile al Contestaccio di Roma e il 25 aprile al CrossRoads vicino Roma, due locali molto conosciuti nel panorama musicale romano. I nostri live sono concepiti in modo semplice e diretto, ma stiamo sperimentando altre soluzioni che ci consentano di creare uno show dove la musica e le immagini si fondono in un'atmosfera che attiri l’attenzione e coinvolga al massimo il pubblico. Con l’attuale formazione, suoniamo insieme da quasi due anni, ma veniamo da altre esperienze precedenti. Nel futuro, beh, lavorare al secondo disco, portare la nostra musica al di fuori dei confini nostrani. E partire con un pulmino, girando l’Europa per suonare in ogni luogo possibile.